L’alta sartoria della cinese che vive in 3 mondi
Judy Zhang fra Est e Ovest
Mentre Judy Zhang racconta di come ha rivisitato la leggenda popolare cinese del serpente bianco — protagonista della collezione SS20 — intrattiene gli ospiti con una cerimonia del té. Tradizione e futuro: i due opposti trovano una sintesi perfetta in questa designer cinese, che dopo 12 anni nel mondo della moda a Shenzhen, si è trasferita a Milano per diplomarsi in Fashion design all’istituto Marangoni. Poi, per internazionalizzare il suo marchio, si è spostata a New York, e solo dopo è tornata in Cina, decisa a creare qualcosa che potesse racchiudere i tre mondi incrociati durante il suo percorso.
«Credo che questo mix renda il mio marchio diverso dagli altri: è dedicato a donne sensuali, ma anche indipendenti», dice Judy Zhang, che indossa uno dei pezzi più belli e versatili della sua collezione, il blazer reversibile in denim, con le spalle enfatizzate da strisce di strass. Le spalle «forti», così come le scollature profonde e le sagome scultoree sono un richiamo a una donna quasi vamp, vagamente anni Ottanta: l’effetto finale è un’eleganza contaminata da richiami rock. «La mia donna è femminile ma anche femminista: mi ispiro a figure brillanti del passato e del presente, sperando di poter influenzare le donne del futuro».
La leggenda del «White Snake» si svolge nella dinastia Song, dove uno spirito di serpente, Bai Sui Zhen, dopo migliaia di anni di pratiche religiose e dottrine magiche, diventa una donna. Un giorno al Lago dell’ovest incontra un giovane bellissimo di nome Xu Xian e tra i due nasce l’amore, complice la pioggia e un ombrello: il racconto mitologico rivive attraverso i ricami realizzati con le perline e le classiche stampe. Ma la contaminazione con l’occidente si affaccia qua e là, con le scritte «ciao» e gli «airpods» americani. «Questa collezione è il connubio della cultura orientale con quella occidentale: le plissettature sono ad esempio un richiamo alle pieghe dell’ombrello narrato nella leggenda e il ricamo a mano di Suzhou, il più importante fra tutti i tipi di ricamo cinese, impreziosisce gli abiti con fili di seta», spiega la stilista.
Ogni capo è un inno all’alta
L’obiettivo
«Dire no allo stereotipo che fa coincidere il made in Cina con la massificazione»
sartoria cinese che Judy vuole portare con orgoglio nel mondo, superando anche quegli stereotipi che fanno coincidere il made in China con una produzione massiccia e meno meticolosa. Sete, pizzi speciali e cotoni sono i tessuti modellati per creare blazer, tute, pantaloni, abiti, camicie e gonne dal taglio e dettagli sartoriali. «La nostra è una produzione sostenibile in tutti i sensi, dalla filiera all’uso dei materiali fino al controllo dei rifiuti: ormai nessuno può prescindere da questo». Uno stile che ha già conquistato l’attrice indiana Janhvi Kapoor e Hailey Bieber, che ha chiesto per uno shooting l’abito rosa della Resort. Anche la palette dei colori è un crocevia: oltre al bianco e al nero, si spazia dal blu China, al cammello fino al rosso fuoco e al rosa Malibu.