E nella «Bohème» spunta Charlie Chaplin
Parafrasando il romanziere Michele Mari, si può dire che c’è «Tutto il ferro della Tour Eiffel» nel nuovo allestimento della Bohème prodotto dal Petruzzelli di Bari. La scena ha l’aspetto desolante di uno spazio industriale dismesso, tubi, impalcature, macchinari, un cupo grigio appena rischiarato da orride luci al neon. Lì è la mansarda dei bohémien, di uno squallore che non ha niente di romantico. I ragazzi non vanno al Caffè Mumus ma, prodigio scenotecnico, quintali di mansarda vengono sollevati ed è Momus che «entra in casa» avanzando dal fondo. Solo che non è un Caffè ma un circo anni venti, e tra i comici appare anche Charlie Chaplin, feroce nel prendersi gioco del vecchio Alcindoro. È questa l’idea più discutibile dello spettacolo di cui Hugo de Ana firma regia, scene e costumi. Ma è spettacolo di livello, giustamente impietoso nel dire che la vita da bohème è cosa atroce, lugubre, nulla di attraente né di consolatorio. La squadra musicale del Petruzzelli è guidata dal direttore stabile Giampaolo Bisanti. Del lessico pucciniano non mette molto in luce le sottigliezze. Bada al sodo però, curando una concertazione vigorosa e piuttosto esatta anche nei passi ostici come il Concertato del 2° quadro. E una prova molto più che solo accettabile offrono Mihaela Marcu (una Mimì «tosta») e Matteo Desole (un Rodolfo centrato). Qualche impaccio segna la prova del Marcello di Francesco Landolfi e degli altri ragazzi, ma convince la Musetta di Elena Gorshumova: niente civetteria, buona personalità drammatica. Discreto il Coro di Fabrizio Cassi, un po’ meno le voci bianche di Emanuela Aymone. Molti applausi.