Corriere della Sera

NON CI MERITIAMO CAVOUR GENIO DIMENTICAT­O

- Aldo Cazzullo Caro Mansueto,

Caro Aldo, lei ha definito Cavour un genio. Penso che sarebbe l’uomo adatto a mettere a posto l’italia di oggi, ma, a mio parere, la sua genialità si vedrebbe sprecata all’atto di misurarsi con lo scenario «selvatico» del mondo politico. Forse qualche Cavour in giro c’è (penso a Mario Draghi), ma la selva è tanto oscura da impedire al suo genio di far breccia. Mansueto Piasini

Ho stima per Mario Draghi, il suo a un intervento ricordo meeting di Rimini di dieci anni fa, dove non parlò mai di banche ma della lezione appresa dal padre, e dimostrò una passione per la cosa pubblica che mi auguro venga messa in pratica prima o poi anche in Italia, dopo l’esperienza alla Bce.

Ma onestament­e non vedo un Cavour in giro. Ricordo quel che mi disse di Charles de Gaulle André Frossard, figlio di un fondatore del partito comunista francese e comunista a sua volta, prima di diventare un gollista fervente: «Personaggi come il Generale compaiono nella storia di una nazione una volta ogni 500 anni. Giustappun­to cinque secoli prima di lui abbiamo avuto Giovanna d’arco. Stimo Jacques Chirac; ma al prossimo de Gaulle mancano quattro secoli e mezzo».

Temo che si possa dire la stessa cosa per l’italia e Cavour. Un uomo che uscì dalla politica — a causa della morte prematura — più povero di quando vi era entrato. Che offriva riceviment­i di Stato a proprie spese. Che rivoluzion­ò tutti i settori — dalla diplomazia all’agricoltur­a: tra le altre cose è il padre del barolo — in cui si cimentò. Tra l’altro era un ottimo giornalist­a: fondò e diresse quotidiani, e all’indomani di Villafranc­a dettò al reggente principe di Carignano un telegramma che era una perfetta sintesi della situazione: «La pace è conclusa. Essa sarà firmata domani. Lombardia e Ducato di Parma al Re. Legazioni indipenden­ti sotto la sovranità del Papa. Duchi di Toscana e Modena rimessi sul trono. Ho dato le mie dimissioni che il Re si è degnato di accettare. Vogliate informarne i ministri sotto il vincolo del segreto».

Poi scrisse alla sua donna, Bianca Ronzani, che sentiva «purtroppo per me cominciata la vecchiaia; vecchiaia prematura, cagionata da dolori morali d’impareggia­bile amarezza».

Quella volta però si sbagliava: la sconfitta militare stava facendo crollare l’impalcatur­a del dominio austriaco sulla penisola. Ebbene, un uomo simile è del tutto assente dall’immaginari­o nazionale. Da Firenze in giù sbagliano a pronunciar­ne il nome, e si va a passeggiar­e in via Càvour. Purtroppo un Paese che non è consapevol­e di se stesso e dei suoi padri ha davvero poche speranze.

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