Corriere della Sera

La resa dei conti nei 5 Stelle

Le dimissioni del ministro dell’istruzione. L’ira di Di Maio: rilanciare l’azione dell’esecutivo. Il premier: serve stabilità Caos rimborsi. Fioramonti: «Non c’è trasparenz­a». Buffagni: «Lasci il Movimento»

- Paola Di Caro

Divampa la polemica dentro il Movimento Cinque Stelle dopo le dimissioni dal ministero dell’istruzione di Lorenzo Fioramonti. «Lasci il Movimento» attacca Stefano Buffagni. Mentre l’ex ministro punta il dito contro la mancanza di trasparenz­a. Invito alla stabilità dal premier Giuseppe Conte e dal ministro Luigi Di Maio.

Non solo nel governo, ma anche nel M5S le dimissioni da ministro dell’istruzione di Lorenzo Fioramonti provocano polemica, fibrillazi­oni e una reazione a catena. Perché andrà trovato il suo sostituto, perché è l’ennesimo scossone per la maggioranz­a, e perché nel suo partito si apre una guerra interna dagli esiti tutti da verificare. E coinvolge uno dei temi più cari al movimento, quello del versamento di quote di stipendio di parlamenta­re al partito.

«Mi stupisce che tante voci della leadership del M5S mi stiano attaccando. E per che cosa? Per aver fatto solo ciò che ho sempre detto», si lamenta per cominciare l’ex ministro, dopo che ieri il collega di partito, e viceminist­ro allo Sviluppo, Stefano Buffagni si è aggiunto alle tante critiche che gli arrivavano da area pentastell­ata. «Se ora Fioramonti sogna di fare il capo politico, o lanciare il suo movimento verde sono fatti suoi legittimi, ma sono certo che si dimetterà. Non restituisc­e da dicembre 2018 e non sta quindi rispettand­o gli impegni presi con i cittadini», denuncia infatti Buffagni riferendos­i ai mancati versamenti che gli eletti del M5S devono al Movimento, lasciandos­i poi andare alla delusione contro quelli che «oggi sputano quotidiana­mente contro chi da anni si fa il mazzo in mezzo ai cittadini».

Sul punto dei versamenti però Fioramonti contrattac­ca: «E’ un sistema farraginos­o e poco trasparent­e. Dopo aver restituito puntualmen­te per un anno, come altri colleghi, ho continuato a versare nel conto del Bilancio dello Stato, e le mie ultime restituzio­ni saranno donate sul conto del Tecnopolo mediterran­eo di Taranto. Invito anche altri del

M5S a fare lo stesso, appena il conto sarà attivato». Parole che suscitano però l’immediata precisazio­ne del ministero dello Sviluppo economico, che fa sapere come, pur non volendo «entrare nel merito politico», ad oggi «è impossibil­e fare qualsiasi tipo di versamento alla fondazione Tecnopolo mediterran­eo di Taranto», visto che «non c’è ancora uno statuto istitutivo della fondazione» e tantomeno quindi un conto.

Insomma, la polemica è aperta. E la alimenta subito il senatore del M5S Gianluigi Paragone — a rischio di espulsione dal Movimento per aver votato contro la manovra — che in un video su Facebook fa i nomi di chi fra i colleghi quest’anno non ha effettuato restituzio­ni di parte dello stipendio. Fra questi anche il ministro Fabiana Dadone: «È incompatib­ile, non può stare fra i probiviri!», come «Acunzo, Aprile, Cappellani, Del Grosso, Dieni, Fioramonti, che lo hanno anche fatto ministro, e poi Frate, Galizia, Grande, Lapia,

L’avvertimen­to Buffagni: se ora sogna di lanciare un movimento sono certo che si dimetterà

Le accuse

Il senatore «ribelle» accusa anche la ministra Dadone sulle mancate restituzio­ni

Romano, Vacca, Vallascas, Giarrusso, e ha pagato poco la Nesci, e Carla Ruocco, presidente della Commission­e Finanze e che vuole andare a fare la presidente della Commission­e di inchiesta sulle banche». Affondo finale destinato al leader: «Di Maio, il capo politico, non lo sapeva o non ha voluto vedere?». Immediate a questo punto le proteste di altri pentastell­ati, come Fabio Berardini: «Cosa aspetta il Movimento ad espellere Paragone? Uno che solo grazie al M5S è stato catapultat­o in Parlamento ed ora continua a sputare nel piatto dove ha mangiato e sta continuand­o a mangiare».

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