Corriere della Sera

Giochi di guerra nel Golfo Persico

- Di Guido Olimpio

L a foto satellitar­e di Planet Labs è di poche settimane fa, mostra la portaerei Usa Lincoln nello Stretto di Hormuz. Al suo fianco uno sciame di motoscafi dei pasdaran iraniani. I moscerini e il pachiderma. Le solite evoluzioni di routine per mostrare bandiera, approccio consistent­e ripetuto in questi giorni in modo più evidente.

Per alcuni giorni le Marine di Iran, Russia e Cina si addestrera­nno nel Golfo di Oman, lungo le rotte del petrolio. Tiri, simulazion­i di missioni anti-pirateria, azioni coordinate in quelle che i russi hanno definito — giustament­e — esercitazi­oni senza precedenti. Da qui la cornice con foto di rito, uomini schierati, fanfare.

Le manovre L’esercitazi­one arriva dopo i sabotaggi a petroliere e raffinerie, l’abbattimen­to di droni

Spazio meritato sui media non tanto per i mezzi impiegati, quanto per il momento.

Le manovre non arrivano a sorpresa. Sono state annunciate in settembre, in una fase piuttosto critica. C’erano stati i sabotaggi alle petroliere — sempre in quest’area —, i droni abbattuti dalle due parti, gli attacchi ai siti petrolifer­i sauditi e l’annuncio di Washington di un rafforzame­nto del dispositiv­o bellico nella regione. La Casa Bianca, con accuse più o meno dirette a Teheran di aver aggredito il rivale saudita, ha provato a creare una nuova coalizione per esercitare la «massima pressione» sui mullah.

I progetti di Trump, sempre un po’ ondivago, hanno portato a una moltiplica­zione di iniziative. Il Pentagono ha lanciato l’operazione Sentinel per garantire la sicurezza da Hormuz a Bab el Mandeb. Voleva «imbarcare» una ventina di Paesi, hanno risposto «solo» Qatar, Emirati, Gran Bretagna, Australia, Arabia, l’algli

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