«Giusto pretendere sentenze definitive Ma il tempo non può essere eterno»
L’ex procuratore: soluzione Pd ragionevole
ROMA «La riforma Bonafede parte da un rilievo logico: una condanna anche di primo grado non può cadere nel nulla per il solo decorso del tempo. Ma è una scelta della politica non il frutto di una pretesa dei magistrati. E non si può partire da questa legge per attaccare il potere giudiziario o declassarlo a ordine». L’ex procuratore di Torino Armando Spataro apprezza solo l’intento della legge Bonafede.
Perché?
«L’intento è arrivare a concludere il processo. Ma prevedere un tempo infinito non va bene ed urta contro il principio della sua ragionevole durata. Né la condanna di primo grado equivale a una sentenza definitiva».
La proposta del Pd la convince?
«È ragionevole. La prescrizione indica un venir meno dell’interesse dello Stato alla punizione del reato per il decorrere da un tempo che varia a seconda della gravità del reato. Se però il pm promuove l’azione penale o arriva una condanna si può anche dire che quell’interesse si è manifestato. Quindi una soluzione che dopo la sentenza di primo grado si limiti ad allungare i tempi della prescrizione mi sembra ragionevole».
C’è chi addebita ai magistrati le lungaggini.
«Generalizzare è sempre una stupidaggine. I riti processuali sono pieni di passaggi ormai privi di senso. E molti problemi sarebbero risolvibili colmando i vuoti d’organico del personale amministrativo e dei magistrati. Difficile capirlo se non si sta nei tribunali».
Sul «Corriere» Panebianco dice che esiste un panpenalismo.
«Non c’è dubbio che la panpenalizzazione esista. Ma un conto è dire che il magistrato deve muoversi con professionalità ed equilibrio, un conto è pensare che debba prestare ossequio alle logiche della politica o dell’economia. Soprattutto non si può dire che secondo la Costituzione la magistratura sia un ordine, come già affermarono circa dieci anni fa noti personaggi politici. Definirla così ne sottintende la declassificazione e la sua conseguente subordinazione alla classe politica».
E l’articolo 104 della Carta?
«È vero che dice: “La magistratura costituisce un ordine”. Ma prosegue: “ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Dire “altro” implica che essa stessa è un potere. In Assemblea Costituente tutti gli interventi muovevano dal presupposto di una magistratura configurata come potere dello Stato posto sullo stesso piano degli altri due. Del resto né il Parlamento né il governo sono mai qualificati “poteri”, nel testo. La verità è che l’opposta concezione dei rapporti tra poteri dello Stato ne rievoca un’altra».
I vuoti d’organico «Processi pieni di fasi ormai senza senso. E la soluzione a molti guai è colmare gli organici»
Ovvero?
«Quella di Mussolini che, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 1940, affermò: “Nella mia concezione non esiste una divisione di poteri, nell’ambito dello Stato il potere è unitario”. Forse senza che i sostenitori se ne rendano conto, rievoca la concezione fascista».