La battaglia «nazionale» si gioca nei piccoli centri (e sull’incognita 5 Stelle)
Chiuse le liste, con Bonaccini corrono due ex 5 Stelle La campagna di Salvini per spingere Borgonzoni
Anche nell’emilia-romagna che per indole non è certo portata al minimalismo, piccolo può essere senz’altro bello. Ma questa volta sarà pure decisivo. Lo indicano le scelte dei contendenti principali di queste elezioni regionali che si annunciano esagerate, soprattutto per l’importanza che viene attribuita all’appuntamento del 26 gennaio. A scorrere le liste delle rispettive coalizioni appena depositate, e le scelte del prossimo, decisivo, mese, emerge chiara l’attenzione per il particolare che viene riservata dai contendenti principali.
Stefano Bonaccini ha convinto a correre per un posto da consigliere Marco Fabbri. Un nome che dice poco a chi non vive tra l’appennino e il Po. Ma è l’attuale sindaco di Comacchio, eletto una prima volta con il M5S e poi con una lista personale. L’intento del presidente uscente appare chiaro: garantirsi un appiglio in un territorio come quello estense, divenuto all’improvviso ostile per gli eredi dell’ex Pci. E al tempo stesso ammiccare verso i Cinque Stelle meno ortodossi, come testimonia anche la presenza di Mara Mucci, ex deputata pentastellata, promotrice del primo vero scisma in casa Grillo, quando se ne andò insieme ad altri otto parlamentari eletti con il M5S.
Lucia Borgonzoni, fedelissima di Matteo Salvini, risponde mettendo alla guida della sua lista Marco Mastacchi, sindaco civico di Monzuno che tre anni fa si fece un nome andando a piedi fino a Roma per protestare contro i tagli ai piccoli Comuni decisi dal governo Renzi. E non chiuderà la sua campagna in piazza Maggiore, come promesso all’inizio, ma a Maranello, che in questo caso non significa solo Ferrari.
Le sfida si decide nei paesi, nei comuni sotto ai ventimila abitanti. Nelle città, soprattutto Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ravenna, il Partito democratico conserva un vantaggio importante. Nei piccoli centri, soprattutto quelli del Ferrarese e del Piacentino, la Lega spesso supera il quaranta per cento.
Più delle celebrità vere o presunte tali, più delle candidature identitarie, sono la capillarità nella copertura del territorio, la varietà di professionisti candidati e l’esorbitante numero di liste (sei a testa per il centrosinistra e il centrodestra) presenti nelle liste, a rivelare quanto la gara sarà serrata, oltre che decisiva per le sorti del governo nazionale. Quest’ultimo fattore rende ancora più imprevedibile l’esito finale. Mai una competizione locale aveva assunto tale significato, essere tutto o niente per l’esecutivo in carica. Per il centrodestra a trazione leghista vincere nella regione rossa per eccellenza, magari di misura, grazie al concorso determinante dei voti dei Cinque stelle che dopo infiniti tormenti hanno deciso di fare corsa a sé con il forlivese Simone Benini, sarebbe gioco, partita, incontro.
Bonaccini ha impostato tutta la campagna sui risultati della sua amministrazione, sui buoni numeri dell’economia. Sta cantando una sola canzone, per scelta. Borgonzoni conta molto sulla figura del suo leader, al punto talvolta da non comparire nemmeno accanto a lui. Tutto dipende da quanto la «nazionalizzazione» del voto prenderà piede in quest’ultimo mese.
Un minuto dopo Natale, sui suoi social Salvini stava già bombardando a tappeto sull’importanza del risultato emiliano-romagnolo per la spallata definitiva al governo. I sondaggi assegnano finora un leggero vantaggio nelle preferenze al presidente uscente, e una sostanziale parità delle liste. L’unica certezza è che la notte del 26 gennaio si farà tardi.
Il duello Nelle città principali prevale il Pd, nei paesi con meno di 20 mila abitanti la Lega sfonda