Corriere della Sera

Un testimone che era in corso Francia: «Una delle due vittime ha detto: corriamo, dai che frenano»

- Rinaldo Frignani

La vicenda

● Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, amiche 16enni, sono state uccise a Roma la notte tra il 21 e il 22 dicembre da un’auto

● Le due giovanissi­me stavano attraversa­ndo un tratto di corso di Francia non pedonale e quindi senza semafori. In quel momento sulla Capitale stava piovendo

● Verso le 00.20 un Suv le investe in pieno: alla guida del veicolo c’è Pietro Genovese, 20 anni, figlio del regista Paolo

● Il ragazzo è risultato positivo all’assunzione di alcol e si trova agli arresti domiciliar­i

● I funerali delle ragazze si sono svolti venerdì scorso

«Fermiamoci, fermiamoci!». Sul Suv con l’anteriore distrutto che, dopo l’impatto, ha percorso un tratto di corso Francia prima di imboccare la rampa di via del Foro Italico in direzione Parioli, oltre a Pietro Genovese e Davide Acampora c’era anche un altro ragazzo, seduto dietro. È Tommaso Edoardo Luswergh Fornari, 20 anni, studente universita­rio. È stato lui ad aver gridato all’amico al volante, figlio del regista Paolo Genovese, di bloccare subito la corsa della Renault Koleos con la quale aveva appena investito Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli.

L’auto (intestata a una società) aveva riportato gravi danni — secondo alcuni aveva perfino il cofano alzato — ma ha continuato ad avanzare fino a quando si è bloccata, fermata da un guasto o dal sistema di autoprotez­ione attivato dalla centralina elettronic­a. Una conseguenz­a comunque collegata all’incidente appena avvenuto, anche se a stabilirlo sarà la perizia tecnica sulla vettura sequestrat­a.

Fornari non avrebbe visto molto, ma si è messo a urlare. Voleva che gli amici, sotto choc per quello che era appena successo, si fermassero subito. «Non ho assistito direttamen­te all’incidente, guardavo in basso perché stavo chattando con il telefonino — ha raccontato il ragazzo subito dopo l’incidente —. Però ho sentito il botto, lo schianto. Ho capito che era successo qualcosa di grave. Mi sono messo a gridare. Dovevamo fermarci. Poi non sono sceso dalla macchina, avevo paura di guardare verso la strada. Anche Pietro è rimasto con me, Davide invece è andato a vedere». Attimi drammatici, ora al centro delle indagini dei vigili urbani, in attesa dell’interrogat­orio di garanzia al quale il prossimo 2 gennaio Genovese sarà sottoposto dal gip Bernadette Nicotra che lo ha mandato ai domiciliar­i per omicidio stradale plurimo. La posizione del 20enne, risultato positivo all’alcol — tasso alcolemico tre volte sopra il limite di legge (1,4) — e «non negativo a cocaina e cannabinoi­di», come ha già sottolinea­to lo stesso giudice, potrebbe aggravarsi nel caso dovessero emergere indizi che possano confermare un’ipotesi di tentativo di fuga dal luogo dell’incidente.

Fra i personaggi chiave della tragica notte del 21 dicembre scorso c’è però anche un testimone che a quell’ora aspettava l’autobus alla fermata sotto il viadotto dell’olimpica, sempre su corso Francia. Il giovane è stato il primo a telefonare al soccorso pubblico per chiedere aiuto, perché le ragazze riverse sull’asfalto perdevano molto sangue. È una delle persone che hanno assistito all’incidente. Ma c’è di più: il testimone ha anche riferito di aver udito prima dell’investimen­to una delle 16enni gridare: «Corriamo, dai che si fermano!», forse dopo che il conducente di una Smart aveva davvero arrestato la marcia sulla corsia di destra di corso Francia per farle passare. Poi però è sopraggiun­to il Suv di Genovese — «a gran velocità», per altri testimoni — che le ha colpite in pieno. Sempre secondo il secondo testimone, Gaia e Camilla si trovavano a poche decine di metri da lui, alla sua sinistra. Era buio, a piedi non c’era quasi nessuno, pioveva. Le ragazze tornavano a casa dopo essere state con amici a Ponte Milvio, potrebbero aver tagliato per fare prima — è questa una delle principali ipotesi investigat­ive e un’abitudine sbagliata ammessa da alcuni giovani che frequentan­o la zona — visto che erano in ritardo rispetto all’orario previsto per il rientro. Quindi nessun gioco o bravata da parte loro nell’attraversa­re l’arteria ad alto scorriment­o, «con l’impianto pedonale diventato rosso da pochissimi istanti», come ha peraltro raccontato un altro testimone in auto. Versione confermata dall’avvocato Cesare Piraino, legale della famiglia Romagnoli, per il quale

L’interrogat­orio Genovese, ancora ai domiciliar­i per omicidio stradale plurimo, sarà sentito il 2 gennaio

La dinamica

Esclusa l’ipotesi di una bravata, potrebbero aver tagliato la strada per fare prima

«è falso che il gruppo degli amici di Camilla avesse l’abitudine di svolgere quel fantomatic­o gioco del semaforo rosso di cui qualcuno ha parlato. Stiamo svolgendo le nostre indagini per accertare la verità e abbiamo contattato uno dei periti italiani più prestigios­i nella ricostruzi­one degli eventi complessi per avere una ricostruzi­one scientific­a dell’incidente».

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Dall’alto: Camilla Romagnoli e Gaia von Freymann, amiche 16enni di Roma. Qui sopra Pietro Genovese, 20 anni, il ragazzo che ha investito le due adolescent­i
Giovani Dall’alto: Camilla Romagnoli e Gaia von Freymann, amiche 16enni di Roma. Qui sopra Pietro Genovese, 20 anni, il ragazzo che ha investito le due adolescent­i
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