La ballerina senza più forza «Così sfido il male oscuro»
Lucia, 40 anni, affetta da fatica cronica: in Italia siamo fantasmi
«Oggi se faccio un giro di pista scendo dalla moto stremato e devo restare una settimana sul divano a recuperare». Lo ha confessato a inizio mese Casey Stoner, pilota australiano di 34 anni, ex campione del mondo di Motogp, rivelando così la patologia che lo ha colpito: l’encefalomielite mialgica (ME), nota anche come sindrome da fatica cronica (l’acronimo è CFS). Invalidante, subdola e non facilmente diagnosticabile.
«Stoner mi ha ricordato le ultime lezioni di danza che sono riuscita a dare. Passai settimane a letto per recuperare». Vicentina, 40 anni, insegnante di danza professionista, laureata in discipline artistiche finché la salute glielo ha permesso, Lucia Libondi è una dei centomila italiani affetti dalla stessa patologia, che, fra i vip, oltre al pilota australiano, riguarda il pianista jazz Keith Jarrett e Stuart Murdoch, leader della pop-band scozzese Belle and Sebastian.
«Devo sempre dosare le energie — ci dice — se mi lavo i capelli non me ne restano per le pulizie; inoltre seguo una dieta rigorosa e vado a letto prestissimo. Se me la sento, esco un po’, ma mi è capitato di crollare anche dentro un negozio».
La incontriamo un pomeriggio in cui è in grado di uscire di casa. «Oggi è uno dei
Insegnante Lucia Libondi, 40enne di origine vicentina, insegna danza. Soffre di una rara sindrome che le provoca fatica cronica cinque giorni alla settimana in cui posso combinare qualcosa, negli altri due sono costretta a letto totalmente priva di forze, e a stento riesco a farmi da mangiare. Quando sono al massimo però studio, perché voglio prendere una seconda laurea in filosofia».
Lucia ricorda: «È nel 2008 che inizio a stare male: affaticamento costante, perdite di peso, violente intolleranze alimentari, metabolismo alterato. Negli otto anni successivi, per reggermi in piedi, sono costretta a tagliare prima la vita sociale, poi la danza, e infine il lavoro nel mondo dell’arte. Nel frattempo i medici a cui mi rivolgevo, a volte anche al pronto soccorso, liquidavano tutto come depressione, diagnosi in cui non mi riconoscevo». La svolta è in due fasi. «La prima nel 2016 — ricostruisce l’insegnante di danza — quando uno psichiatra intuisce che la mia è una depressione reattiva a qualcos’altro, e la seconda un anno fa, quando questo qualcosa trova nome all’ospedale universitario di Lovanio, in Belgio. Lì mi ero trasferita per studiare filosofia,
● È una malattia che viene descritta da un rapporto dell’institute of Medicine pubblicato come una «malattia sistemica, complessa, cronica e grave», caratterizzata da una profonda stanchezza, disfunzioni cognitive, alterazioni del sonno
● Al mondo, secondo la piattaforma meaction.net malati sarebbero 20 milioni i e il caso vuole che il Belgio sia l’unico Paese europeo a riconoscere l’encefalomielite mialgica». Ciò significa una diagnosi formulata in un solo giorno, seguendo un protocollo che esclude altre patologie, e nello stesso tempo individua la compresenza di alcuni sintomi ben precisi.
Lucia Libondi è anche vicepresidente dell’organizzazione di volontariato «CFS/ME»: «In Italia, dove i malati sono circa centomila, l’encefalomielite mialgica è ancora una malattia ignota a livello istituzionale — prosegue —. Per dire, in Veneto esiste una legge apposita, ma non è attuata in mancanza di un centro ospedaliero di riferimento. A me hanno riconosciuto un’invalidità al 14%, che è come dire zero. La strada, quindi, è ancora molto lunga e in salita». Quale speranza, allora? «Al momento attuale solo il 5% di noi guarisce senza un’apparente ragione, esattamente come quando si inizia a stare così — conclude Lucia —. Per fortuna in Paesi come gli Stati Uniti, dove i casi di ME sono oltre due milioni, stanno investendo milioni di dollari nella ricerca. Viene da lì la speranza che mi aiuta a continuare a studiare, e a non rinunciare all’idea che un giorno tornerò a danzare».
Stanchezza
Se mi lavo i capelli non mi restano abbastanza energie per fare le pulizie di casa