Javier Marías il nome giusto per tornare alla Letteratura
Visti gli ultimi anni, non propriamente gloriosi anche al netto dello scandalo sessuale, porre una domanda in forma di auspicio o un auspicio in forma di domanda agli accademici di Svezia per il prossimo Nobel della Letteratura potrebbe essere complicato. O fin troppo semplice: la richiesta sarebbe di premiare un grande scrittore diciamo del livello di alcuni premiati del passato non remoto (Beckett, Solženicyn, Montale, Singer, Bellow, Canetti, Vargas Llosa, Munro…). Richiesta ovvia ma non troppo, considerate le scelte più recenti (non memorabili) e le occasioni clamorosamente mancate (in primis Philip Roth). Altri due appelli su tutti: evitare gli abbagli pseudo trasgressivi (Bob Dylan), bandire i bilancini geopolitici e aggirare accuratamente, per quanto possibile, i casi scandalosi, tipo Peter Handke. Si vorrebbe, insomma, che il Nobel della Letteratura celebrasse nient’altro che la Letteratura: non la musica, la politica di una o dell’altra parte, l’umanitarismo frainteso, i buoni sentimenti, le cause giuste, eccetera. In questa chiave, andrebbero ugualmente bene, tra gli altri possibili, tre nomi: Abraham Yehoshua, Ian Mcewan e Javier Marías. Basti citare soltanto tre titoli: L’amante, Espiazione, Berta Isla. Volete un solo nome? Per il 2020 il vincitore sia Marías. Ci sarebbero anche un paio di nomi anche italiani, ma non li facciamo per scaramanzia. Insomma, la domanda è retorica: perché no, la letteratura?