Corriere della Sera

Nanga Parbat, la tragedia di Nardi e Ballard in una foto

- Di Riccardo Bruno

Il dramma Daniele Nardi, 42 anni e Tom Ballard, 30 anni.

I loro corpi sono stati ritrovati sullo sperone Mummery a circa 5.900 metri di altezza

La vita e la morte di Daniele Nardi e Tom Ballard sono racchiuse in una foto. L’ha scattata un collega alpinista con il telescopio, una parete di neve e roccia e delle macchie scure, a fatica si capisce che si tratta di due corpi, Nardi riconoscib­ile dalla giacca rossa, Ballard più giù da quella blu, accanto la loro tenda. Stavano provando a raggiunger­e la vetta del Nanga Parbat, 8.126 metri, salendo dallo sperone Mummery sulla parete Diamir. Mai nessuno è riuscito a farlo, solo una volta nel 1970 è stata percorsa in discesa da Reinhold Messner e dal fratello Günther, che morì travolto da una valanga. Nardi, 42 anni, e Ballard, 30, erano due alpinisti molto diversi tra loro, per indole e formazione. Il primo brillante e comunicati­vo, il secondo introverso e amante delle imprese in solitaria. Daniele era nato a Sezze, in provincia di Latina, dove la montagna vicino a casa è alta poco più di 1.500 metri. A 16 anni iniziò ad arrampicar­e con una corda di imbarcazio­ne, diventa un’anomalia nel ristretto mondo dell’alpinismo italiano, «il primo nato sotto il Po arrivato in cima all’everest». Tom invece era inglese, figlio di Alison Hargreaves, la prima donna a scalare l’everest, che affrontò l’eiger incinta e morì sul K2 quando lui aveva 6 anni. Nardi, con i suoi 5 Ottomila e le nuove vie aperte, si era conquistat­o uno spazio di tutto rispetto nel club degli scalatori d’élite. Ma il suo sogno era quello di salire sul Nanga Parbat dal Mummery, «la via perfetta» secondo lui, un azzardo se non un suicidio per i colleghi. L’aveva già provata quattro volte, voleva scrollarsi di dosso quel soprannome «Romoletto» che gli avevano dato, più un marchio che un vezzeggiat­ivo. Ballard invece era cresciuto sulle Dolomiti, il primo a scalare le sei maggiori pareti delle Alpi in solitaria e in una sola stagione invernale, ma aveva in testa il K2, per fare i conti con la propria memoria. Forse per questo, per prepararsi al meglio, aveva accettato di condivider­e l’ambizioso progetto di Daniele.

Nardi e Ballard sono morti il 25 febbraio del 2019, a circa seimila metri. Neppure la tragedia ha fermato polemiche e veleni, dimentican­do che in questi casi è troppo facile giudicare con il senno di poi. E poi c’è quell’ultima terribile immagine, che racchiude tutto, vita e morte. Con quei due corpi che quasi scompaiono nell’immensità di neve e roccia.

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