Corriere della Sera

«Mio nonno, il presepe e i lumini con i gusci di lumaca»

- Ubaldo Busolin

Il mio Natale cominciava presto, ai primi di dicembre. In quei giorni, dopo la scuola e i compiti a casa, prima dell’imbrunire, salivo sull’argine del fiume, poi scendevo giù tra i cespugli, i salici e le cannucce a pelo d’acqua: lì raccogliev­o il muschio più folto.

Il nonno paterno, con sassi e pezzi di mattone creava le alture del presepe, coi frammenti di uno specchio lo stagno e lassù, sotto un rilievo, posizionav­a la capanna con la mangiatoia ancora vuota perché il bambinello non era ancora arrivato, ma con Maria e Giuseppe già adoranti. Tutto intorno metteva i pastorelli, le pecore, le donne affacciate alle case in attesa della Lieta Novella, qualche artigiano, le palme e i cammelli ecc: quello che avevamo in casa e ciò che nel tempo ero riuscito a comprare con la paghetta — molto «etta», quando c’era — della domenica. I Re Magi, ovviamente, rimanevano incartati: sarebbero venuti all’epifania, perché il loro turno non era ancora arrivato. Quello materno mandava un ramo del grande pino che cresceva a casa sua e che, sopra il presepe, avrebbe fatto da abete di Natale. Mia madre lo fissava ben bene con la base dentro un barattolo pieno di ghiaia per fare da contrappes­o, lo mimetizzav­a col muschio, vi aggiungeva un po’ di addobbo appendendo dei palloncini di vetro colorato, delle trecce luccicanti e le immancabil­i stelle dorate che conservava in una scatola. La magia arrivava la sera quando il nonno accendeva i lumini. Erano dei gusci di lumaca che cercavo sotto le pietre e che lui riempiva con una goccia d’olio, vi immergeva uno stoppino e poi l’accendeva. L’elettricit­à non era ancora arrivata a casa nostra. Una cosa ancora: ero felice.

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