Addio alla maliziosa Lolita di Kubrick
Sue Lyon fece scandalo interpretando il ruolo della teenager nel film tratto dal libro di Nabokov
Èdifficile immaginare, avendo in mente Lolita con gli occhiali a cuore e quello sguardo sensuale che aveva affascinato Kubrick, come fosse oggi la 73enne Sue Lyon dopo cinque non oculati matrimoni, e pillole di litio per crisi maniaco depressive fin dai 16 anni. Il cinema ne fu complice: fino all’ultimo Warren Beatty la volle per Gangster story (‘67).
Il 26 dicembre l’attrice 73enne, nata il 10 luglio a Davenport, Iowa, ultima di cinque figli di una famiglia dove il padre scomparve prematuramente, è morta a Los Angeles ma da tempo la sua salute era critica, come ha confermato l’amico Phil Syracopoulos. Anche se fece film di registi come Huston e Ford, anche se prima del maestro Kubrick aveva già incontrato il glamour tv nella serie perbenista con Loretta Young, la breve fama di Sue Lyon sta tutta in quel personaggio, in quegli occhi e in quel titolo allora scandaloso: «Il personaggio mi fa pena, è nevrotico, patetico, pensa solo a sé», diceva.
Lolita, la ninfetta immaginata dal russo Nabokov nel best seller del ‘55, era critica alla società e inno all’abbandono dell’ossessione erotica, con tutte le patologie annesse e connesse. Sue confessò di non aver finito il libro, troppo complicato per la sua età, ma il film di Kubrick, accolto con perplessità a Venezia, si mostrò per quello che era, un capolavoro e lo stesso Nabokov confermò che lei era la «ninfetta ideale».
Il regista girò a Londra, con attori inglesi (James Mason e Peter Sellers), dopo i problemi avuti a Hollywood con Spartacus e da allora non si mosse dalla factory nei dintorni di Londra, l’inghilterra divenne paese natale, come per Losey. Ma Lolita fece scalpore, era scandalo, una bomba che mirava al pubblico borghese: il cinema Usa era ancora sotto la tagliola del codice Hays che proibiva i letti matrimoniali e faceva usare il duplex a Doris Day e Rock Hudson. Per miss Lyon, prima fra 800 candidate, fu necessario alzare un poco l’età per non incorrere in denunce: se nel romanzo Lolita aveva 12 anni, nel film ne aveva 14 e la stessa attrice, nata il 10 luglio ’46, ne aveva 15. Il mondo intero fece un flash fissandola in quell’immagine adolescente da dolci inganni, col lecca lecca, occhiali a cuore e l’hula hoop alla vita nel giardino della madre Shelley Winters dove nei famosi titoli di testa si mette lo smalto alle unghie dei piedi. Dopo quel film che l’aveva segnata e per
Nel 1962
Sue Lyon e James Mason (1909 – 1984) in una scena di «Lolita» (1962) diretto da Stanley Kubrick cui aveva vinto il Golden Globe (all’oscar fu ignorato), dopo aver inciso il 45 giri «Lolita Ya Ya», negli anni 60 fu accanto a Burton, predicatore dall’alito pesante di whisky in La notte dell’iguana, da Tennessee Williams, nel cast femminile di Missione in Manciuria, con Sinatra e i peccati di L’investigatore.
La carriera incespica, le cinque nozze stravaganti non l’aiutano, col quarto marito ebbe un figlio, dall’ultimo divorziò nel 2002. Amori sbagliati: dopo un matrimonio lampo, sposò un fotografo afroamericano in epoca dura per i matrimoni misti, poi nel ’73 nella sala visite del carcere del Colorado un terzo marito temporaneamente in prigione che, recidivo, meritò un veloce divorzio. Lyon apparve in tv, ma si allontanava l’eco scandalosa di Lolita: nell’80 con Alligator l’addio al cinema da cui aveva avuto molti sgarbi. La più gentile fu Winters, che sul set di Kubrick le regalò due gattini siamesi, tanto per riportare Sue-lolita alla sua vera età.