Corriere della Sera

Le ossessioni e le armi L’impasto sfuggente del «nemico interno»

Ideologie bizzarre, razzismo: le difficili indagini

- di Guido Olimpio

Un evento quasi annunciato. Sabato le autorità di New York, avevano lanciato l’allarme su possibili azioni antisemite. E, nella notte, i timori sono diventati realtà cruda.

Grafton E. Thomas, 37 anni, afro-americano, con uno strano precedente alle spalle — ha preso a pugni un cavallo della polizia — ha colpito nella casa del rabbino a Monsey. «Lo consideria­mo terrorismo interno», ha affermato il governator­e Cuomo indicando una matrice vaga. Le comunità ebraiche possono essere target di islamici, di fuori-ditesta oppure dell’ultradestr­a xenofoba, in crescita in tutto il mondo occidental­e e segnalata all’offensiva.

Partiamo dal locale. Da dicembre una dozzina di episodi nell’area di New York, aggression­i verbali e fisiche contro gli ebrei. Casi minori, però parte di un trend evidente. Appena due settimane fa la strage compiuta da una coppia di afro-americani. Hanno prima assassinat­o un agente, quindi agendo da guerriglie­ri hanno aperto il fuoco con i fucili in un negozio kosher del New Jersey. Altre 3 morti, i killer eliminati dalle teste di cuoio. I terroristi appartenev­ano ad una setta radicale secondo la quale solo i nativi, gli ispanici o le persone di colore incarnano il vero ebraismo. Ideologia bizzarra impastata con l’avversione viscerale nei confronti di chi indossa una divisa, un aspetto che rammenta il profilo di attentator­i jihadisti occidental­i.

L’attentato ha avuto un interesse fugace, malgrado i precedenti. Gli attacchi alla sinagoga di Pittsburgh e al centro ebraico Chabad a Poway (San Diego), l’eccidio nel parcheggio di El Paso dove le vittime erano in parte «latini». Ed altri ancora, in Nuova Zelanda, contro i musulmani, e ad Halle, Germania. O ancora quelli che hanno avuto come vittime le donne diventate bersagli di misogini allineati a posizioni neonaziste.

I responsabi­li non hanno tutti la stessa origine e neppure un profilo identico. E qui è il primo ostacolo nel contrasto, in quanto spesso gli inquirenti — specie negli Usa — hanno bisogno di categorie. Invece gli assalitori possono essere sfuggenti, la lista è lunga. Il suprematis­ta bianco. L’islamico radicale. L’ossessiona­to dal «complotto giudaico», quello che grida «all’invasione degli immigrati». Cavalcano temi popolari così come sfruttano le paure dei cittadini. Si presentano, ognuno sotto la sua bandiera, come sentinelle in una trincea urbana. Il ricorso alle armi, si giustifica­no, è inevitabil­e davanti all’inazione della comunità. Non mancano i disturbati,

che si aggiungono alla carovana dell’odio, innescati da emulazione, teorie cospirativ­e, pregiudizi.

A volte assomiglia­no ai simpatizza­nti del Califfo che escono di casa e pugnalano persone a caso. I morti alla fine pesano. Nei mesi scorsi le autorità Usa hanno compreso che è necessario un approccio diverso davanti a questa minaccia. Può essere transnazio­nale, si serve della Rete per fare gruppo e scambiarsi informazio­ni, ha dinamiche analoghe a quelle dell’isis. Una proposta di legge propone di usare gli stessi mezzi impiegati contro i seguaci della Jihad. Il Dipartimen­to della polizia di New York ha creato un’unità speciale, Reme, pensata per dare la caccia agli «odiatori».

L’fbi ha aperto oltre cento indagini mentre l’homeland Security ha previsto un piano strategico. Misure inevitabil­i nel timore di un’azione coordinata dove il nemico non è un uomo con il machete ma un gruppo di fuoco.

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Fermato Grafton E. Thomas, 37 anni

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