Fondi al M5S, solo il 12% in regola Il fronte dei ribelli sfida le sanzioni
Dopo l’ultimatum più pagamenti. Ma le espulsioni potrebbero allargare il gruppo degli ex
ROMA Se si vuole anticipare il prossimo futuro e capire chi uscirà dal Movimento 5 Stelle, un metodo rudimentale ma indicativo sarà quello di verificare l’elenco dei morosi, nei primi mesi di gennaio. È ovvio che chi si appresta a lasciare la casa natìa (si parla di una decina di deputati a gennaio e altrettanti più avanti), lo farà con il portafoglio pieno, senza aver versato balzelli vari a un Movimento nel quale non si riconosce più. Naturalmente c’è anche chi vuole far parte a pieno titolo del Movimento ma contesta «il metodo Casaleggio» e i versamenti. Nel pacchetto di mischia ci sarà anche chi ha scommesso sulla fine anticipata della legislatura (e sulla relativa fuga con bottino). È possibile che un effetto collaterale dell’ultimatum — pagare entro il 31 dicembre — sia portare allo scoperto il nucleo di dissenso radicale.
Il sito di riferimento è tirendiconto.it. Qui si trova una messe di dati indicativa, ma non esauriente. Perché chi si è trovato nella lista nera, come Carla Ruocco, contesta il mancato aggiornamento del sito. E perché molti stanno pagando in questi giorni. Stando al sito, ci sono tre senatori che non hanno rendicontato nulla nel 2019 e ben poco nel 2018: sono Vittoria Bogo Deledda, Alfonso Ciampolillo (sotto processo per le posizioni sulla xylella) e Luigi Di Marzio (in odore di Misto).
Ci sono ben 14 supermorosi, ovvero parlamentari che non hanno (ancora) restituito un centesimo nel 2019. Sono 11 deputati e 3 senatori. Tra i primi ci sono Acunzo, Aprile, Cappellani, Dieni, Fioramonti, Frate, Galizia, Grande, Lapia, Romano e Vallascas. Tra gli ultimi, Anastasi, Di Micco e Mario Giarrusso. Seguono molti altri che non hanno rendicontato diversi mesi, tra i quali Rachele Silvestri, Andrea Colletti, Yana Ehm, Paolo Lattanzio, Dalida Nesci, Gianluca Vacca. Ma sono dati parziali e in aggiornamento.
Federica Dieni, per esempio, sta rendicontando tutto in questi giorni. I più solerti sono 39: a ora, secondo questi dati, sarebbe in regola solo il 12 per cento dei parlamentari.
Il meccanismo è farraginoso. Lo stipendio di un deputato è composto da più voci: 5.000 mila nette, più 3.600 euro (per collaboratori ed eventi) e 3.600 euro per affitti e diaria (decurtati in caso di assenze). Per il Movimento al deputato bastano 3.000 euro per vivere. Il resto va speso o restituito. Il minimo da ridare è di 2000 euro al mese. La gestione di scontrini e spese fa impazzire molti e arrabbiare altri. Anche perché a questi versamenti si aggiungono i 300 mensili per Rousseau e quelli «volontari», a partire da 1500 euro per Italia 5 Stelle. E chi non paga? L’«audit» M5S minaccia maximulte, ma sono di dubbia legalità.
Quanto alle espulsioni, il sistema sanzionatorio dei 5 Stelle è ancora più farraginoso. La laica inquisizione del Movimento prevede tre probiviri, al lavoro sulle segnalazioni. L’ultima traccia pubblica è stata data a giugno, quando si parlava di 109 procedimenti aperti. Nessuna news da allora. La prescrizione, per i processi interni M5S, è abolita. E c’è chi, come Elena Fattori, è restata sospesa sul burrone per mesi. E chi, come Giulia Sarti, lo è ancora. Nessuna forma di trasparenza, nessun sito, nessuna notizia su chi sia sotto processo e perché.