I TROPPI SPAZI «A-LEGALI» CHE SONO GENERATI DALL’INNOVAZIONE
Ogni minuto di ogni giorno, in ogni angolo della Terra, dozzine di aziende, sconosciute ai più e operanti su terreni privi di regole, tracciano i movimenti di decine di milioni di persone attraverso gli smartphone. Raccolte le informazioni, le immagazzinano in grandi depositi di files. L’operazione è resa possibile dai software di localizzazione presenti in molte app di uso comune. L’obiettivo è rivendere i dati ad altre aziende, che li utilizzano per rendere più efficace e mirata la pubblicità. Questa però è la migliore delle ipotesi: non si esclude che quelle informazioni possano essere usate in altri modi, meno innocenti e più intrusivi, ad esempio a fini di condizionamento elettorale. Tutto questo non è fantascienza: accade in America e, presumibilmente, in Europa e in Italia. Il New York Times ha ottenuto uno di questi files e, con un lungo lavoro, l’ha decifrato, analizzato, commentato e tradotto in un’infografica impressionante, che ritrae i percorsi di milioni di «ping» (gli spostamenti delle persone), raffigurati come puntini verdi. Ne risultano immagini di gigantesche nuvole, fatte di puntini verdi. Nessuno sfugge a questo tracciamento, ignoti o celebrità che siano, come Johnny Depp: neppure il presidente Trump, seguito nei suoi spostamenti. L’inchiesta del quotidiano americano suggerisce varie riflessioni. La principale è sull’immensità degli spazi «a-legali» che si aprono con l’avanzare dell’innovazione tecnologica e sulla necessità di regolare il commercio dei dati personali. Obiettivo raggiungibile, come si è cominciato a fare con la Direttiva europea sulla privacy. La seconda riguarda l’informazione di qualità: che richiede tempo, investimenti e competenze, ma è uno dei pochi antidoti contro il rischio di un’opinione pubblica debole, manipolabile e condizionabile.