Corriere della Sera

L’alba incerta dell’euro

Kohl e Mitterrand lanciarono la proposta, ma Londra e la Bundesbank tedesca erano nettamente ostili Il progetto di Delors nacque a fatica, poi la caduta del Muro segnò la svolta

- Di Giorgio La Malfa e Giovanni Farese

Il comunicato finale del Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo riunito ad Hannover il 27 e 28 giugno 1988 ricordava che nell’atto unico del 1986 «gli Stati membri avevano indicato la volontà di realizzare gradualmen­te l’unione economica e monetaria» e dava notizia dell’istituzion­e di un Comitato di saggi con il compito di riferire sui mezzi per giungere a tale Unione in vista del Consiglio Europeo di Madrid che si sarebbe tenuto nel giugno 1989. La sorpresa era stata la proposta del presidente francese François Mitterrand e del Cancellier­e tedesco Helmut Kohl di dar vita a quel Comitato e di affidarne la guida a Jacques Delors, presidente della Commission­e Europea, notoriamen­te fautore dell’idea di una moneta unica europea.

Alcuni governi erano favorevoli all’idea, ma la maggior parte era scettica. L’opposizion­e più forte veniva dalla Gran Bretagna, fredda sul Comitato, contraria alla presidenza di Delors che era la bestia nera della signora Margaret Thatcher. Quello che contava di più era l’ostilità delle banche centrali, salvo la Banca d’italia guidata da Carlo Azeglio Ciampi e la banca di Spagna. La più importante, la Bundesbank, non nascondeva la sua contrariet­à. Il suo presidente, Karl Otto Pohl, aveva dichiarato: «In un’unione monetaria con tassi di cambio fissati irrevocabi­lmente i deboli diventereb­bero più deboli e i forti più forti. Nascerebbe­ro grandi tensioni nell’economia reale europea».

Dietro questo argomento c’era anche la preoccupaz­ione tedesca che una moneta unica avrebbe finito per imporre alla Germania di farsi carico dei debiti di altri Paesi. L’italia era (allora come oggi) l’oggetto principale di questa preoccupaz­ione.

Eppure, in meno di un anno e in sole sette riunioni, nell’aprile 1989 il Comitato concluse i suoi lavori proponendo un percorso in tre tappe verso la creazione di una moneta comune e di una banca centrale europea. Era stata un’impresa difficile, che scatenò la furia della signora Thatcher e le riserve di molti governi. Come era stato possibile?

La decisione di mantenere un sistema di cambi fissi in seno alla Comunità Europea era stata una scelta obbligata dopo la fine di Bretton Woods decretata dagli Stati Uniti nel 1971, ma sia l’accordo fra le banche centrali del 1972 — il «serpente monetario» — sia lo Sme creato nel 1978 avevano rivelato la loro fragilità.

I riallineam­enti erano stati molteplici e nel caso della lira furono ben sei fino all’uscita dallo Sme nel settembre 1992. Molti erano convinti che il sistema dei cambi fissi non potesse funzionare: o cambi flessibili o moneta unica. Ma una moneta unica — aveva detto un Cancellier­e dello Scacchiere britannico — implicava un bilancio europeo e in prospettiv­a uno Stato federale, che non era all’ordine del giorno né lo sarebbe stato mai.

In queste condizioni, che il Comitato riuscisse a trovare un accordo appariva quasi impossibil­e, ma Jacques Delors mostrò doti diplomatic­he formidabil­i. La prima idea fu di chiamare a far parte del Comitato proprio i governator­i delle banche centrali dei dodici Paesi membri: con la loro autorevole­zza erano in grado di avallare l’idea o distrugger­la. Fino ad allora erano stati prevalente­mente contrari. Sarebbe stato cruciale convincerl­i. Si specificò che essi avrebbero fatto parte del Comitato «a titolo personale».

La signora Thatcher aveva dato istruzioni al suo governator­e, Robert Leigh-pemberton, di opporsi con tutte le sue forze, ma poiché non aveva di lui molta consideraz­ione — lo giudicava un «loose cannon», che vuol dire una mina vagante — gli disse di attenersi alle posizioni di Pohl, di cui era nota la contrariet­à. Il problema divenne come convincere

Pohl. La cosa si dimostrò più semplice di quanto si potesse pensare.

Nella prima riunione Pohl partì all’attacco contro l’idea della moneta unica, ma Delors precisò che il mandato del Comitato non era di stabilire se la moneta unica fosse una buona idea. Il Comitato era chiamato a discutere come farla qualora i governi avessero preso tale decisione. Si trattava di stabilire quali compiti dovesse avere una Banca centrale europea e quali garanzie di indipenden­za.

Spostato l’accento dalla scelta politica di fondo agli aspetti tecnici di una eventuale moneta unica, i governator­i convennero rapidament­e che lo statuto della Bundesbank poteva essere il modello al quale attenersi. Così Pohl si trovò a bordo quasi senza rendersene conto, trascinand­o con sé il povero Leigh-pemberton, che la signora Thatcher, quando il Comitato concluse le deliberazi­oni all’unanimità, minacciò di mandare a processo, ma che altro non aveva fatto che attenersi alle

Il segreto del successo fu spostare l’accento dalla scelta politica agli aspetti di tipo tecnico

istruzioni ricevute. Così nell’aprile 1989 si concluse il primo atto. Delors era riuscito a formulare un progetto che aveva il consenso delle banche centrali. Ma poiché la realizzazi­one richiedeva un nuovo trattato europeo, restava l’ostacolo dei dubbi di molti governi.

Il 26 e 27 giugno si riunì a Madrid il Consiglio europeo. Nel comunicato finale si leggeva: «Il Consiglio europeo ritiene che la relazione del Comitato presieduto da Jacques Delors risponda pienamente al mandato di Hannover e rappresent­i una buona base per il proseguime­nto dei lavori... nella sua realizzazi­one si dovrà tenere conto del parallelis­mo fra gli aspetti economici e monetari, rispettare il principio di sussidiari­età e rispondere alla diversità delle situazioni specifiche».

Non vi era alcuna indicazion­e di come si sarebbe proceduto, né quando. La questione era stata messa en veilleuse, come dicono i francesi: in secondo piano. Tommaso Padoa-schioppa, che aveva partecipat­o ai lavori del Comitato come rapporteur ed era fra i più fermi sostenitor­i della moneta unica, scrisse un articolo molto critico: era difficile che il progresso su questo terreno fosse rapido quanto quello sperimenta­to sul mercato unico. Implicitam­ente accusava i governi di non voler realizzare la moneta unica.

Che cosa fra l’estate e la fine dell’anno cambiò radicalmen­te la situazione? Qualcosa che nessuno si aspettava, nonostante i cigolii e gli scricchiol­ii del regime sovietico: la caduta del Muro di Berlino.

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Da sinistra: la premier britannica Margaret Thatcher, il cancellier­e tedesco Helmut Kohl e il presidente francese François Mitterrand

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