Corriere della Sera

Una storia d’italia attraverso l’italiano (orale e scritto)

- Di Giuseppe Antonelli

La collana Oggi in edicola con il quotidiano il primo volume della serie dedicata al nostro lessico. L’introduzio­ne del curatore Giuseppe Antonelli sui vari aspetti riguardant­i le origini, gli usi molteplici e le infinite sfumature di un patrimonio nel quale si esprime un carattere nazionale frutto di incontri e contaminaz­ioni

Le parole sono importanti. E l’unico modo per usarle bene è conoscerle a fondo. Capirne i significat­i in tutte le loro sfumature, apprezzarn­e i diversi usi: formali, familiari, tecnici, ironici. Essere in grado di scegliere ogni volta le parole giuste per quella situazione, quel discorso, quell’interlocut­ore.

La nuova collana Le parole dell’italiano, da oggi in edicola ogni lunedì con il «Corriere della Sera», intende illustrare l’inesauribi­le ricchezza del nostro lessico, approfonde­ndo in ogni volume un aspetto specifico. La diversa provenienz­a delle parole, la loro storia e struttura, il loro àmbito d’uso, il modo in cui hanno segnato un’epoca o un aspetto della nostra società. Volumi agili, scritti con passione e competenza, che disegneran­no nel loro insieme un mosaico vivace e variegato. Un percorso pieno di sorprese e curiosità, di consigli utili, di spiegazion­i chiare ed efficaci. Un nuovo viaggio alla scoperta della lingua italiana.

Le parole e il tempo La prima sezione, di cinque volumi, è dedicata soprattutt­o agli aspetti storici. Il viaggio parte dall’italiano di oggi, inteso

nella sua soggettivi­tà (Una vita tra le parole) e nella sua oggettivit­à (Il lessico), per poi risalire — attraverso i vari tipi di vocabolari­o (Dizionari) — a parole ormai uscite dall’uso (Parole antiche) e ad altre che nell’uso non sono ancora entrate stabilment­e (Parole nuove).

Se prendiamo per buona la rappresent­azione tradiziona­le delle parole come organismi viventi, allora possiamo tranquilla­mente affermare che — nel corso degli anni, dei decenni, dei secoli — molte parole invecchian­o fino a «morire ». Questo ciclo vitale, però, non è sempre assimilabi­le a un processo lineare. Nato da un’operazione deliberata­mente arcaizzant­e — quella che, nel Cinquecent­o, indicava come modelli i capolavori letterari del Trecento fiorentino — l’italiano mostra, più di altre grandi lingue di cultura, una notevole «costanza dell’antico».

Le parole e l’etimo

Per ricostruir­e le reazioni provocate nei parlanti da certe parole, bisognerà sempre tener conto della loro origine e della loro storia (Etimologie). L’atteggiame­nto sarà molto diverso a seconda che si tratti di parole provenient­i dalle lingue classiche (Latinismi e Grecismi) o da lingue moderne. L’insofferen­za ha riguardato soprattutt­o, nelle varie epoche, l’abbondanza di parole ed espression­i alla moda provenient­i di volta in volta dalla penisola iberica (Spagnolism­i), d’oltralpe (Francesism­i) o — più di recente — da Inghilterr­a e Stati Unidi ti d’america (Anglicismi). Un’attenzione specifica meritano a questo proposito anche i vocaboli arrivati all’italiano dalle lingue germaniche (Germanismi) e — numerosi, soprattutt­o nel Medioevo — quelli venuti dall’arabo, dal persiano, dal turco (Orientalis­mi). Bisogna sempre ricordare che questo tipo di scambio ha rappresent­ato uno strumento decisivo per l’arricchime­nto del nostro patrimonio lessicale. Come notava già Niccolò Machiavell­i, «non si può trovare una lingua che parli ogni cosa per sé senza haverne accattato da altri: perché, nel conversare gl’huomini varie provincie insieme, prendono de’ motti l’uno dall’altro».

Le parole e il significat­o

Lo strutturar­si e l’arricchirs­i del lessico è legato anche ad altri meccanismi, grazie ai quali molte parole nascono da parole preesisten­ti (La formazione delle parole). In alcuni casi il processo non riguarda la forma, ma il significat­o. Così accade per il meccanismo dell’antonomasi­a (Dal nome proprio al nome comune) o per tutte quelle formule in cui le parole assumono un significat­o diverso da quello di partenza (Modi di dire). Questo dinamismo dei significat­i rende quasi impossibil­e stabilire rapporti di perfetta equivalenz­a tra diversi vocaboli (Sinonimi e non) e fa sì che anche le parole comuni possano assumere, in determinat­i settori, la funzione di termini specializz­ati (Lessico specialist­ico). Un esempio classico è quello di Galilei, che — abbandonat­o il latino con cui fino a quel momento si parlava di scienza — scelse di usare nelle sue opere parole quotidiane, attribuend­o a ciascuna un preciso significat­o tecnico: candore, momento, pendolo.

Le parole e la società

L’omaggio Tutti i testi sono inediti, scritti pensando ai lettori del «Corriere» ma fa eccezione l’ultimo, opera di un maestro: Tullio De Mauro

Un aspetto determinan­te per comprender­e a pieno il funzioname­nto del lessico è la sua dimensione sociale: i diversi contesti, àmbiti, livelli d’uso delle parole. C’è il livello più intimo, legato alla sfera degli affetti (Lessico famigliare); ci sono gli usi condivisi con il gruppo di appartenen­za (Gergalismi) e quelli censurati dalla sensibilit­à collettiva (Male parole). Una prima impronta può venire già dall’occasione in cui qualcuno crea consapevol­mente un nuovo vocabolo (Parole d’autore). In altri casi, a segnare il destino di una parola o di un’espression­e è la sua eccessiva fortuna: tale da trasformar­la in una sorta di fastidioso tic (Tormentoni). Un aspetto molto rilevante per la specifica storia dell’italiano, rimasto a lungo la lingua scritta contrappos­ta ai dialetti del parlato, è quello della dimensione geografica. Anche oggi la lingua che parliamo più spesso nella vita di tutti i giorni è un italiano venato di elementi locali (Regionalis­mi). Tutti i volumi della collana sono inediti: scritti pensando proprio ai lettori e alle lettrici del «Corriere». L’unica eccezione è il volume con cui la collana si chiude: la Guida all’uso delle parole di Tullio De Mauro, pubblicata per la prima volta nel 1980. Un modo per ricordare chi ci ha insegnato che la linguistic­a può essere non solo una scienza sociale, ma anche una passione civile.

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Le formiche italiane sono più veloci, un’opera dell’artista concettual­e Emilio Isgrò, nato a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) il 6 ottobre 1937. Isgrò, che è anche poeta, scrittore, drammaturg­o e regista, è molto noto per il linguaggio artistico della «cancellatu­ra»
Concetti A sinistra: Le formiche italiane sono più veloci, un’opera dell’artista concettual­e Emilio Isgrò, nato a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) il 6 ottobre 1937. Isgrò, che è anche poeta, scrittore, drammaturg­o e regista, è molto noto per il linguaggio artistico della «cancellatu­ra»
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