Strumenti del pensiero Veicoli delle emozioni
Con la forza antica delle espressioni proverbiali il nuovo dinamismo del gergo di marca social
La lingua italiana contemporanea radiografata nella sua intensa soggettività, sottolineando però l’influenza quotidiana dell’uso e del consumo collettivo. Attraverso differenti forme espressive si possono elaborare le proprie emozioni, che traggono origine dall’esperienza esistenziale e dalla formazione culturale. In questo modo il polimorfismo permette a ciascuno di scegliere la modalità di lettura e scrittura più consona.
È l’analisi del linguista Giuseppe Antonelli, che nel volume in edicola oggi Una vita tra le parole — prima uscita della nuova collana del «Corriere della Sera» Le parole dell’italiano — costruisce sapientemente un viaggio nella nostra lingua dal passato, carico di etimologie greco-latine e non solo, fino all’attuale e-italiano. Il libro porta in esergo un passo del filosofo russo Michail Bachtin: «Tutte le parole hanno l’aroma di una professione, di un genere, di una corrente, di un partito, di un’opera, di un uomo, di una generazione, di un’età, di un giorno e di un’ora…».
Antonelli si confessa un appassionato lettore di dizionari e osserva come le parole siano pietre sempre impregnate di storia, pure forme di sensazione evocativa. Giunge a constatare quanto risulti rara l’assenza del termine diretto per definire una situazione. L’autore porta l’esempio della mancanza nella nostra lingua di una parola in grado di definire esplicitamente il genitore che ha perso un figlio. Vengono usate soltanto perifrasi, quasi fosse una cosa da non dire. È lo stesso meccanismo che alimenta Carducci nella commovente poesia, feconda di metafore, Pianto antico, dedicata al piccolo Dante, oppure Ungaretti nello straziante e sublime testo Giorno per giorno. Un tabù linguistico che Antonelli interpreta derivato non tanto dalla sofferta disperazione dinanzi a un vuoto incolmabile, quanto da una considerazione storica e sociologica: un tempo era assai frequente la mortalità infantile, che non contemplava testamenti o dispute ereditarie. Per questo motivo non era necessario ideare un termine specifico.
Il medesimo discorso di criticità espressiva vale quando si è tentati di descrivere in una parola il superamento della condizione umana, l’«oltre la carne» tra logos e infinito, il dantesco trasumanar, neologismo che conduce nel primo canto del Paradiso al di là dei limiti della natura dell’uomo, trapassandola e trasformandola fino a superarla per tendere e aderire a quella divina.
Di particolare interesse la comparazione fra vocabolari. Scopriamo inoltre i nomi degli scrittori che sfogliavano i dizionari leggendoli come romanzi: tra i più accaniti d’annunzio, Bufalino, Primo Levi. Individuare di un termine il significato, l’etimo, sinonimi e contrari, diventa in alcuni casi una ragione di vita. A volte, tramite l’uso, anche parole antiche acquistano nuovo vigore: Mogol recupera l’aggettivo «uggiosa» in un successo di Lucio Battisti.
Tuttavia adesso nell’epoca di e-mail e di e-book, un testo «fisico» tende ad essere sostituito da porzioni di scrittura, chiamate snippet, da hashtag, da messaggini su Whatsapp oppure da emoji. La comunicazione è dominata dal multimediale e dai social. Una frammentazione, figlia dello schema mentale cibernetico di cui sono fruitori gli appartenenti alla generazione dei millennial e oltre. Un tempo si diceva parla come mangi perché al cibo si dedicavano almeno tre ore al giorno fra comperarlo, cuocerlo e consumarlo in famiglia; invece, spesso da soli, s’impiega meno di un’ora, quasi si trattasse di un’apericena, parola «macedonia», neologismo formato dalla fusione di due diversi termini.
Senza dimenticare che attualmente si vive l’era postideologica,
"Il neologismo dantesco «trasumanar» conduce oltre i limiti della nostra natura avvicinandola così a quella divina
Potenzialità Le parole sono pietre sempre impregnate di storia e dotate di energia evocativa
dove in generale la politica ha assunto toni troppo aggressivi, rozzi, tesi a stimolare istinti primari. Così in tivù si urla, esagerando i termini; ogni evento diviene memorabile, fantastico. Nonostante la maggior parte degli italiani sappia utilizzare solamente pochissime parole, quelle in auge, e sempre le stesse, Antonelli è sicuro della tenuta della nostra lingua e della sua forza propulsiva: pur con le stimmate dell’idiotismo retorico, la salvezza s’intravede in un prudente e sagace glocalismo.
L’opera Sopra: l’installazione Bowditch’s Alphabet (2010), foglia d’oro su cartone con tutte le lettere dell’alfabeto latino dell’artista Danh Vo. Nato nel 1975 in Vietnam, cresciuto in Danimarca, Vo vive ora a Città del Messico