Toyota e hotel un grande affare da 9 miliardi Cinema e basket sono le passioni
Le mani sul volante o sulla cloche di un aereo. Gli occhi sui conti e lo sguardo dietro alla telecamera, nel mondo di Daniel Friedkin convivono bilanci e sceneggiature. Dalle convention con i concessionari di automobili alle lezioni di cinema «private» con Ridley Scott, l’autore di «Blade Runner» e «Il Gladiatore», film tanto amato dai romanisti. Due mesi fa nel presentare la sua prima opera da regista («Lyrebird»), Dan per prima cosa ha ringraziato il maestro: «Eravamo su un set, Ridley è stato un mentore. Mi ha preso per un braccio: “Vuoi dirigere? Fallo e basta, avanti”». Il cinema, passione di famiglia. Il papà Thomas pilotava l’elicottero di «Tuono Blu», al figlio ha lasciato l’impero delle concessionarie Toyota (fu Carrol Shelby, la versione americana di Enzo Ferrari, a convincerlo che sarebbe stato un buon affare importare le vetturette giapponesi a fine anni ‘60) e il desiderio di bucare il grande schermo. Prima come stuntman: è uno dei più grandi collezionisti di vecchi aerei militari, ha la licenza di volo acrobatico (attraverso la sua fondazione recupera anche relitti negli oceani); poi come produttore: Palma d’oro a Cannes per «The Square», «Tutti i soldi del mondo» sul rapimento dell’erede dei Getty in Italia (la leggenda vuole che Friedkin si sia innamorato di Roma durante i sopralluoghi), e ancora «The Mule» di Clint Eastwood.
I soldi arrivano dal core-business, le quattro ruote: circa il 13% delle Toyota vendute ogni anno negli Usa (è il secondo marchio, dopo General
Motors) esce dai rivenditori della sua «Gulf States Toyota» che ha le licenze commerciali esclusive per cinque Stati americani. Il giro d’affari è in crescita: 9,2 miliardi di dollari di ricavi nel 2018. Il suo patrimonio personale, secondo Forbes,è di 4,2. Cinquantaquattro anni, quattro figli, atletico e ambizioso, ha allagato gli interessi a hotel di lusso e golf club. In prima fila sul parquet della sua Houston per seguire gli amati Rockets, ha provato ad acquistarli, invano. Ma è rimasto come sponsor dell’arena indoor e della squadra, e chissà che cosa porterà di quell’esperienza a Roma