Ecco le foto che ricorderemo
La prima fotografia di un buco nero, le rivolte in piazza, l’urlo di Greta, Venezia indifesa. I volti e le storie che non dimenticheremo
La prima fotografia di un buco nero, le rivolte in piazza, l’urlo di Greta, Venezia indifesa, la cattedrale di Notre-dame in fiamme.
I volti e le storie che non dimenticheremo.
Uno smile e poi l’abisso. Una curva di luce prima del nero cosmico. È il documento visivo dell’orizzonte degli eventi, fino ad oggi solo immaginato. È la prima volta, 10 aprile 2019, che l’oscurità diventa visibile e mostra una delle sue bocche capaci di ingoiare anche il Sole. È la prima volta che prende forma un buco nero, il punto di non ritorno, porta a senso unico per l’eternità. È disegnato dalla massa di materia incandescente che lo circonda, una forma irregolare ne documenta l’irresistibile forza attrattiva, la sua fame, il suo pasto infinito, a partire dalla luce. È stato catturato nel cuore della galassia M87, costellazione della Vergine, 55 milioni di anni luce dalla Terra. L’immagine, che evoca Hal 9000, il supercomputer di bordo nel film 2001 Odissea nello spazio di Kubrick, è stata firmata da duecento scienziati ed è il frutto di due anni di analisi dei dati raccolti nel tempo da nove radiotelescopi piazzati su sei montagne e quattro continenti. Una fotografia lunga 730 giorni per documentare che quando c’è troppa materia stipata in un unico posto, la forza di gravità diventa schiacciante e quel (non) luogo una trappola eterna. C’è chi lo definisce lo scatto dell’anno, chi del secolo, c’è chi ne contesta la reale portata, ma il magnetismo visivo di questo anello sbilenco, con il suo carico simbolico di vita e morte, ne fa un’icona dei nostri tempi.
Dell’esigenza di «rischiarare le tenebre di questo mondo» ha parlato papa Francesco nel suo messaggio di Natale: «Tenebre nelle relazioni familiari, personali, sociali». Del bisogno di luce «per tanti bambini che patiscono la guerra in vari Paesi del mondo» e «dell’ingiustizia di deserti e mari trasformati in cimiteri». Si chiamava Valeria, aveva 23 mesi, l’hanno trovata a faccia in giù, in un canneto su una sponda del Rio Grande, il fiume che separa il Messico dagli Stati Uniti del presidente Trump, il terzo nella storia americana a subire la procedura d’impeachment. È annegata abbracciata al suo papà, Oscar Alberto Martinez Ramirez, 25 anni. Avevano un sogno e fuggivano dalla miseria carichi solo di speranza.
Già, la speranza, tradotta in impegno e azione, in nome della quale una ragazza di 16 anni, Greta Thunberg, persona dell’anno per la rivista Time, ha urlato il suo atto d’accusa al Summit delle Nazioni Unite e ha messo in guardia dal buco nero del cambiamento climatico. «How dare you?», come osate? «Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote. Il mio messaggio è: vi teniamo d’occhio». Occhi di donne, finalmente sempre più protagoniste: da Ursula von der Leyen, 61 anni, presidente della Commissione Europea, a Maria Cartabia, 56 anni, prima donna al vertice della Corte costituzionale. E ancora, Stephanie Frappart, 36 anni appena compiuti, eletta migliore arbitro dell’anno, la storica passeggiata spaziale di Cristina Koch e Jessica Meier e l’impresa a cui è stata chiamata Ilaria Soricetti, anni 51, nominata amministratore del condominio più grande d’italia, l’hotel House di Porto Recanati, 2.300 abitanti, 480 appartamenti, 32 lingue. E poi gli occhi di Ilaria Cucchi alla lettura della sentenza di condanna per i cinque carabinieri imputati nel processo, dieci anni dopo la morte di suo fratello, Stefano.
Speranza di rinverdire il buco nero fumante lasciato dagli incendi che hanno straziato l’amazzonia e i polmoni verdi di California e Australia. E ancora, il buco nero dell’odio che costringe una testimone dell’olocausto, la senatrice a vita Liliana Segre, 89 anni, a girare scortata. Sogni, speranze e paure hanno riempito — e in alcuni casi svuotato con la forza — le piazze del mondo. Il decennio, aperto dalla primavera araba, si chiude con la collera planetaria: rivolte in maschera, quella di Joker su tutte, indossata nelle strade di Hong Kong, Santiago, Caracas e Parigi, orfana di Notre Dame. Per la Brexit, più vicina dopo il successo elettorale di Boris Johnson, abbiamo visto sfilare nelle strade di Londra migliaia di persone, divise sulla scelta di lasciare l’europa.
In Italia lo stato d’animo dominante fotografato dal Censis è l’incertezza (69%) con un 48% favorevole all’uomo forte al potere. Le piazze, grazie all’iniziativa di quattro ragazzi, sono state inondate da un mare di sardine, movimento senza bandiere, mentre alla guida del Paese, nel cambio della guardia e intese all’insegna del c’eravamo tanto odiati, sono sventolate quelle gialloverdi, fino ad agosto, e poi quelle giallorosse. Fino a quando?
Incertezza e paura per la fragilità della grande bellezza di Venezia, che l’acqua alta (187 centimetri) di un maledetto novembre ha (ri)mostrato al mondo intero. E la speranza che un bel dì vedremo le acque fermate dal Mose, il dispositivo che dovrebbe proteggere la città dalle maree. Sedici anni dopo la prima pietra, di biblico ci sono i tempi di realizzazione e il costo, otto miliardi. A proposito di bellezza, in tutte le sue forme e declinazioni, parafrasando le parole del Papa sulla speranza, forse il miglior proposito per il nuovo decennio è questo: «Tutti siamo chiamati a dare bellezza al mondo».