Inchiesta su Gaia e Camilla, il mistero del semaforo
Testimonianze divergenti sulla dinamica dell’incidente. L’avvocato di una vittima: passate con il verde
ROMA Testimonianze divergenti e ricostruzioni in contrasto tra loro: chi ha assistito alla morte di Camilla Romagnoli e Gaia von Freymann concorda solo sulla brutalità dell’urto ma sui dettagli — semaforo, strisce pedonali, perfino la pioggia che cadeva — riferisce circostanze diverse. Nel frattempo le indagini di parte della famiglia Romagnoli portano alla luce un nuovo elemento: in quel punto della carreggiata, il viadotto di Corso Francia, l’unico semaforo in funzione non ha la luce gialla ma l’indicatore del passaggio al rosso pedonale è la luce verde che si fa intermittente. Una «peculiarità» sottolinea l’avvocato Cesare Piraino, che assiste i Romagnoli, «determinante» nella ricostruzione dei fatti di quella notte. L’avvocato conclude che Gaia e Camilla avrebbero iniziato l’attraversamento con il verde e invita la Procura ad approfondire questo aspetto.
Tra le testimonianze raccolte dagli agenti della polizia municipale c’è quella di Emiliano Annichiarico, un autonoleggiatore che attraversava il viadotto, che racconta: «Il semaforo veicolare di Corso Francia era appena diventato verde per entrambe le carreggiate, pertanto l’impianto pedonale era diventato rosso da pochissimi istanti». Lo stesso Annichiarico conferma che erano sulle strisce: «Ho visto alla mia sinistra — dice — due ragazze giovani che procedevano di corsa sulle strisce, cercando di attraversare la carreggiata opposta rispetto a quella dove stavo procedendo». Testimone dei fatti anche Joel Zanzuri, che stava attraversando il viadotto a bordo di una Smart. Alla domanda se, secondo lei, l’automobilista avrebbe potuto evitare l’investimento, dice: «Ritengo che anche procedendo a una velocità più moderata l’impatto sarebbe stato inevitabile, in quanto i pedoni e l’autovettura hanno impegnato simultaneamente quel tratto di strada. Inoltre il conducente dell’autovettura aveva la visuale oscurata dall’auto circolante sulla corsia centrale». La donna dice anche che l’investitore non avrebbe frenato: «L’ho visto continuare dritto». Una versione che confermerebbe quanto raccontato
Barcellona da Tommaso Edoardo Fornari Luswergh, uno dei due amici che viaggiava a bordo del suv di Genovese: «Alzando lo sguardo notavo il cofano della nostra vettura e realizzavo che era avvenuto un impatto. Ho urlato di fermare la vettura». Le famiglie delle vittime, intanto, ieri hanno ricevuto la lettera dei Genovese, un gesto accompagnato dal più assoluto riserbo. Il ragazzo, assistito dall’avvocato Gianluca Tognozzi, sarà ascoltato dalla gip il prossimo 2 gennaio.