Corriere della Sera

Banca Etruria, 14 ex dirigenti a processo C’è anche Boschi

- Marco Gasperetti

Dopo essere stato prosciolto per due volte nella vicenda giudiziari­a del fallimento di Banca Etruria, Pier Luigi Boschi ieri è finito sotto processo nel terzo filone dell’inchiesta: quello dedicato alle presunte «consulenze d’oro» decise dall’ultimo consiglio della banca nel quale, il padre dell’ex ministro Maria Elena, ricopriva l’incarico di vice presidente. Boschi è stato citato a giudizio davanti al giudice monocratic­o del tribunale di Arezzo per bancarotta colposa, un reato minore per il quale non è prevista l’udienza preliminar­e ma l’immediato giudizio con pene in caso di condanna da sei mesi a due anni, con condiziona­le e non menzione. Insieme a lui saranno processati altri tredici ex dirigenti e consiglier­i dell’ultimo cda dell’istituto di credito prima del fallimento. Secondo l’accusa i manager e dirigenti di Banca Etruria rinviati

Banchiere Pier Luigi Boschi, ex vicepresid­ente di Banca Etruria e padre di Maria Elena Boschi a giudizio non avrebbero vigilato su consulenze ritenute inutili e ripetitive.

Tra le decisioni contestate dalla procura di Arezzo ci sono gli incarichi con parcelle per 4,5 milioni di euro affidati secondo l’accusa a Mediobanca e Bain e agli studi legali Zoppini di Roma e Grande Stevens di Torino. Secondo i pm Andrea Claudiani e Angela Masiello, i membri del Cda sotto accusa furono carenti nella sorveglian­za, ma non agirono con dolo. Restano fuori da questo processo l’ex presidente Lorenzo Rosi, l’ex direttore generale Luca Bronchi e l’ex vicepresid­ente Alfredo Berni perché già rinviati a giudizio in altro dibattimen­to per lo stesso reato.

Contatto telefonica­mente, Pier Luigi Boschi ha detto di non aver ancora ricevuto dai magistrati alcun provvedime­nto e che si riserverà di commentare la decisione della procura eventualme­nte una volta lette le carte. Prima del rinvio a giudizio Boschi era stato prosciolto dalla contestazi­one di falso in prospetto e successiva­mente dall’accusa di bancarotta fraudolent­a per la mancata fusione tra Banca Etruria e Popolare di Vicenza, l’istituto di credito del quale era presidente Gianni Zonin.

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