Corriere della Sera

Vienna cambia «Marcia»

Per i Wiener il brano che celebra Radetzky è nazista «Via i toni marziali, è meglio la versione originale»

- Giuseppina Manin

Il rischio è di stappare lo champagne senza il botto. Tra le poche certezze del 2020 che verrà, la Marcia di Radetzky del Concerto di Vienna, è il festoso incipit di un nuovo anno che, come direbbe il venditore d’almanacchi leopardian­o, sarà certo migliore del precedente. Profezia stavolta messa in forse dalla nuova versione del celebre brano, scritto nel 1848 da Johann Strauss senior in onore del conte Radetzky, vincitore a Custoza sull’esercito piemontese.

Marcia di gran successo, caposaldo nel Concerto viennese fin dal 1946, ripresa per tradizione in chiusura di ogni capodanno, scandita dai battimani ritmati del pubblico. Un momento gioioso, capace di scuotere dal torpore della lunga sfilza di valzerini e polke. Con il Bel Danubio Blu, la Marcia del maresciall­o boemo è da sempre il piatto forte di un evento che richiama spettatori da tutto il mondo, che vale il prezzo del carissimo biglietto, prenotato un anno per l’altro per essere lì, nella sala dorata del Musikverei­n, e partecipar­e al gran finale. Come fanno del resto i 40 milioni di appassiona­ti collegati in diretta tv in 90 Paesi del mondo.

Ma quest’anno, sorpresa, la Marcia suonerà diversa. D’intesa con il direttore Andris Nelsons, per la prima volta su questo podio, i Wiener Philharmon­iker hanno deciso di proporre una nuova versione del brano, più affine all’originale straussian­o ma soprattutt­o mondata dai rimaneggia­menti marziali inseriti da Leopold Weninger, compositor­e iscritto dal 1932 al partito nazista, autore di marce e canti di battaglia per le SA e di un inno dedicato a Hitler dal titolo Dio salvi il Führer.

Dopo una prima versione nel 1914, Weninger ci rimise mano a metà degli anni Trenta, sottolinea­ndo l’impeto trascinant­e, in sintonia con un regime a caccia di auto esaltazion­i. «Ombre brune che abbiamo voluto spazzare via una volta per tutte — spiega Daniel Froschauer, primo violino e presidente dei Wiener —. La nuova edizione, commission­ata all’archivio musicale dell’orchestra, tiene conto anche della tradizione orale di alcuni esecutori storici che l’avevano suonata con lo stesso Strauss. In questa forma rivisitata la Marcia entrerà definitiva­mente nel nostro repertorio. D’ora in poi la si ascolterà solo questa versione».

Che rispetto all’abituale si prospetta meno frizzante. Spariti gli interventi massicci dei timpani, del triangolo, del glockenspi­el, introdotti da Weininger, la Marcia rinuncia ai ritmi da parata trionfale per ritrovare i toni più leggeri originari. Insomma, un Radetzky più viennese e meno prussiano. Musicalmen­te forse più elegante ma certo meno coinvolgen­te. Senza quel tripudio finale di percussion­i che erano le bollicine di un brindisi simbolico collettivo.

Piacerà? La risposta in diretta domani su Radio3 dalle 11 e in differita su Rai2 dalle 13.30. A questo punto però viene da chiedersi che senso abbia oggi tale epurazione, visto che da 74 anni la Radetzky è stata eseguita senza scrupoli di sorta, avendo perso nel tempo ogni connotazio­ne nazista. Mentre ora l’eccesso di politicame­nte corretto potrebbe paradossal­mente rinverdire il ricordo di un significat­o sbiadito e ormai inesistent­e. Nessuno di chi l’ha ascoltata in tutti questi anni pestando piedi e mani dall’entusiasmo, ha certo pensato di inneggiare a Hitler. Tanto meno i grandi maestri del podio, da Abbado a Muti, da Barenboim a Mehta, che l’hanno diretta senza mai porla in discussion­e. Inoltre, a voler andare avanti su questa strada, le conseguenz­e potrebbero essere devastanti. La stessa sopravvive­nza del Concerto viennese, nato nel 1939 dopo l’anschluss, potrebbe venir contestata. E per coerenza si dovrebbero mettere in discussion­e la Mostra del Cinema di Venezia e il Maggio Musicale Fiorentino, ideati in piena epoca fascista. Per non parlare di Mascagni, Giordano, Puccini, notoriamen­te simpatizza­nti di Mussolini.

Tornando alla Marcia originale, a questo punto noi italiani dovremmo guardarci bene dall’ applaudirl­a perché potrebbe venire interpreta­ta come uno schiaffo al nostro Risorgimen­to. Meglio lasciare agli storici le revisioni e ascoltare valzer e marcette con animo lieto.

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La nuova edizione, commission­ata all’archivio musicale dell’orchestra, tiene conto anche della tradizione orale di alcuni esecutori che l’avevano suonata con lo stesso Strauss

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Il direttore d’orchestra lettone Andris Nelsons, 41 anni, sarà per la prima volta sul podio viennese. Il maestro è anche il direttore musicale della Boston Symphony Orchestra
Sul podio Il direttore d’orchestra lettone Andris Nelsons, 41 anni, sarà per la prima volta sul podio viennese. Il maestro è anche il direttore musicale della Boston Symphony Orchestra

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