Sintesi tra passione e business è la ricetta Friedkin per la Roma «Qui per lasciare un segno»
Il nuovo proprietario: «Sono sempre stato innamorato di questa città»
«Sono sempre stato innamorato di Roma, una città di infinita bellezza, con una storia meravigliosa. Ho scelto di investire qui per lasciare un segno anche nella storia sportiva della città». Le parole di Dan Friedkin alle persone che gli stanno più vicine sono il primo contatto tra quello che sarà il nuovo proprietario della Roma (ma per le firme ci vorrà ancora un mese) e i suoi tifosi. Tifosi guardinghi, perché il primo presidente a stelle e strisce, Tom Dibenedetto, che era poco più di un ologramma di James Pallotta, si presentò dicendo che voleva «fare della Roma una regina» e poi tutti sanno come è finita. Detto questo, le speranze nel nuovo tycoon sono alte, principalmente per due motivi. Primo: porterà l’entusiasmo che Pallotta, eterno assente, aveva perduto. Secondo: potrà studiare gli errori fatti dal suo predecessore e modificare quella rotta senza empatia che ha portato a un distacco senza precedenti tra il club e i suoi tifosi.
Si dice che Friedkin non sia uno sceicco, come se questa fosse una grave colpa. In realtà non lo sono nemmeno i proprietari del Liverpool, al contrario dei padroni di Manchester City e Paris Saint Germain, ma la Champions l’hanno vinta i Reds. Fare paragoni troppo impegnativi è sbagliato, ma non lo è cercare una via virtuosa per ottenere un calcio di alto livello però sostenibile. Ed è questa la grande scommessa di Friedkin.
Una sintesi tra business e passione è necessaria. Basta intendersi. Ad esempio sul concetto di «bandiere». È molto difficile che, almeno in tempi brevi, Totti o De Rossi possano tornare a lavorare a Trigoria. Succederà, semmai, quando i ruoli e le competenze saranno chiari. Non servono parafulmini. Bandiere devono diventare Lorenzo Pellegrini e Nicolò Zaniolo: sul primo si sta già lavorando per un nuovo contratto senza clausola rescissoria; il secondo non sarà messo sul mercato a giugno. La Roma vuole costruire il futuro su di loro, se loro sono d’accordo. Obiettivo: evitare il rischio di perdere giocatori con clausole bassissime (Pjanic) o perché certe promesse non sono state mantenute (Benatia). Il primo passo è contenere i costi che non producono: prendere il 30enne Kalinic, che ha segnato un gol in tutto il 2019, e cedere il 23enne Schick, lasciando al Lipsia ogni decisione finale, non è un risparmio. Così come costruire con la Juve, anche per necessità di reciproche plusvalenze, lo scambio tra Spinazzola e Luca Pellegrini. Nel calciomercato tutti commettono errori, ma la Roma ha meno margine di club più ricchi.
Si cercherà un equilibrio tra giovani di talento e giocatori più esperti, a partire dal riscatto di un 30enne che si è innamorato di Roma e che ha fatto innamorare i romani: Chris Smalling. Lo United chiede 20 milioni per il riscatto, Petrachi è salito a 15 più 3 di facili bonus. Se servirà un ultimo sforzo, verrà fatto. Si proverà a risparmiare cedendo Juan Jesus (Fiorentina) e cercando una sistemazione a Pastore (Lione). Non semplice, ma bisogna iniziare da qualche parte. Un giocatore sacrificabile è Cengiz Under, ma il suo valore di mercato è calato. A Fonseca piace Mertens e la situazione tra il belga e il Napoli sarà monitorata. Ma naturalmente per giugno.
Blindare Zaniolo
Il progetto: giovani di talento e giocatori esperti. Primo passo: blindare Zaniolo