Corriere della Sera

La terza età dell’oro del trottatore Arazi Boko

A 12 anni ha vinto 7 Gran premi: è come se il campione dello sprint fosse un uomo di 50 anni

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

MILANO «Quota cento» non gli è servita ad andare in pensione, anzi il cavallo Arazi Boko continua a trottare addirittur­a a quota centonove, tante quante le corse che questo castrone baio ha già disputato in carriera all’arzilla età di 13 anni (li compie domani, perché il compleanno dei cavalli da corsa è convenzion­almente Capodanno, anche se come Arazi Boko si è nati il 19 aprile). E 13 anni per un cavallo da corsa sono straordina­riamente tanti, visto che un trottatore (che in media vive fra i 20 e i 30 anni) debutta a 2 anni, esprime il meglio di sé in gara fra i 3 e i 5 anni, di rado corre ancora ad alto livello attorno agli 8 anni, e per legge sino a poche stagioni fa a 10 anni doveva addirittur­a lasciare l’agonismo degli ippodromi ed essere messo a riposo. E invece Arazi Boko ha vissuto proprio a 12 anni, in questo 2019 impreziosi­to 20 punti in campionato per Milano, che si trova al quarto posto in classifica, 6 punti sotto alla capolista Virtus Bologna. Per la squadra di Ettore Messina sono già arrivate ben 5 sconfitte in 15 partite. L’ultima proprio in casa della Virtus, domenica scorsa: un pesante 83-70 dai successi in ben 7 Gran premi italiani e concluso dalla vittoria a Bologna nella finale del Campionate Master il giorno di Santo Stefano, la sua stagione migliore: come se — fatte le proporzion­i tra corridori equini e umani — il campione degli sprinter quest’anno fosse stato un signore sui 45-50 anni.

Il bello è che, per tutta la sua vita precedente all’importazio­ne dalla Svezia (dove è nato e ha corso sino appunto a un paio d’anni fa), Arazi Boko era stato soltanto un più che discreto operaio delle piste scandinave, avendo nell’italiano papà Varenne più la suggestion­e familiare dello stallone fuoriclass­e che l’eredità dei grandiosi risultati. Tanto che i suoi precedenti proprietar­i nordici non ci avevano pensato molto prima di accettare l’offerta d’acquisto formulata, per un cavallo anziano che sembrava aver già dato alle piste tutto quello che poteva, dall’allenatore e guidatore emiliano Alessandro Gocciadoro in società con sua moglie e con la scuderia di Leonardo Cecchi.

Ma una volta importato in Italia, si è compiuto il miracolo di un matusalemm­e trottatore trasformat­o dal nuovo allenament­o di Gocciadoro, e fatto diventare a 11 e 12 anni più forte e più continuo di

Longevo Arazi Boko, dominatore del 2019 con 7 Gran premi più il Campionato master quanto fosse stato in tutta la sua «prima» vita. Al punto da scendere persino sotto il muro cronometri­co della media dell’1’10” al chilometro sulla distanza dei 1600 metri (1’09”7), vincere a Stoccolma la Sweden Cup, essere invitato a New York all’internatio­nal Trot, siglare due volte a il Campionato europeo a Cesena. Un prodigio di longevità ad alto livello. E di generosità: persino troppa, nel sopportare in due Gran premi dal suo driver qualche tocco di frustino di troppo, costati al guidatore un periodo di appiedamen­to in Italia e la messa al bando da un ippodromo della Svezia, Paese dove (come in tutta la Scandinavi­a) le corse di trotto si svolgono senza che i guidatori possano impugnare la frusta.

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