De Rita: «Egoisti e soli, frantumiamo le relazioni»
«Siamo egolatri, non sappiamo gestire la nostra solitudine. E tutto questo comporta una rottura di relazione, soprattutto dentro la famiglia». Giuseppe De Rita, 87 anni, otto figli, presidente del Censis (Centro studi investimenti sociali) guarda la «foto» dell’Italia scattata dall’Istat — in sintesi: sempre meno figli e sempre più famiglie composte da single — e osserva: «Il punto è che noi questo scenario lo abbiamo sempre affrontato in termini strutturali, il bonus bebè, i sostegni alle famiglie: ma la realtà è che è finita l’anima».
Ovvero, professore?
«Fare figli in qualche modo vuol dire scordarsi di se stessi, ma noi non abbiamo più questa capacità, questa propensione: la ragione non sta in una dimensione economica, si tratta innanzitutto di un fatto emotivo. Siamo dediti a noi stessi, siamo ricolmi di narcisismo egoistico e in definitiva siamo incapaci di un rapporto con l’altro».
E dunque?
«Siamo così soli dentro che preferiamo investire nel breve periodo. E siamo single anche per questo».
Questa «fine dell’anima» di cui parla dove trova le sue radici?
«Nella congiuntura emotiva dell’ultimo decennio, con la rottura totale della vita di relazione. Anzi: la relazione non è più un valore, il valore è oramai la rottura di relazione simbolizzata dal “vaffa”, divenuto lo slogan della società, implicito ed esplicito. Siamo un Paese che rompe ogni minuto miliardi di piccole relazioni. E questo mi sembra stia diventando il peccato maggiore della società italiana».
Speranze?
«Un augurio, semmai. In quel film-capolavoro che si chiamava Miracolo a Milano, diretto da Vittorio De Sica e sceneggiato da Cesare Zavattini, si vede un ragazzino che, nella Milano del 1951, esce dall’orfanotrofio e inizia a salutare tutti. Al quinto “buongiorno”, un passante gli chiede perché. Lui risponde che non c’è una ragione. Ecco, dobbiamo tutti tornare a salutare come quel ragazzino».