«Wanted»: anche l’interpol adesso cerca il fuggitivo Ghosn
Perquisizioni in Giappone, fermi in Turchia, una richiesta di arresto dell’interpol. Ma la fuga di Carlos Ghosn da Tokyo e il suo arrivo a Beirut rimangono avvolte nel mistero.
L’ex magnate dell’automobile caduto in disgrazia — che è anche cittadino del Brasile e del Libano — ieri ha cercato di allontanare i sospetti di complicità nella fuga (e le possibili conseguenze legali) dai membri della sua famiglia. In una nota mandata alla Afp ha affermato di avere «organizzato tutto da solo». «Le affermazioni sui media secondo le quali mia moglie Carole e altri membri della mia famiglia avrebbe svolto un ruolo nella mia partenza — ha scritto — sono false e menzognere».
Non è ancora chiaro come le strette misure della libertà vigilata a cui Ghosn era sottoposto gli abbiano permesso di allacciare i contatti necessari per fuggire dal Giappone, dove è accusato di frodi fiscali e finanziarie. Intanto si muovono le polizie di altri Paesi. La Turchia, dove Ghosn è atterrato, per proseguire poi a bordo di un altro aereo verso il Libano (Paese in cui è entrato legalmente con il passaporto francese) ha fermato per interrogatori 7 persone, tra cui 4 piloti dei due aerei.
In Giappone, la magistratura ha disposto perquisizioni nell’abitazione e in altri luoghi frequentati da Ghosn. Infine, l’interpol ha trasmesso una richiesta di arresto del Giappone alle autorità libanesi. Il ministro della Giustizia libanese Albert Serhan ha tuttavia sottolineato l’assenza di un trattato di estradizione con Tokyo, suggerendo che al massimo Ghosn potrebbe essere convocato per un interrogatorio. Si schiera con l’ex presidente di Nissan-renault anche la Francia. Il segretario di Stato all’economia, Agnes Pannier-runacher, ha chiarito che Parigi «non lo estraderà», qualora entrasse in Francia.