Il record di Zalone
Oltre 8 milioni di euro per «Tolo Tolo» nel primo giorno Il produttore Valsecchi: «Avventura durata 2 anni Si ride meno? Ma il film emoziona e sorprende di più»
ROMA Il più grande botto non c’è stato a Capodanno ma il primo gennaio: 1 milione 175 mila persone si sono messe in fila per vedere Tolo Tolo di Checco Zalone (al secolo Luca Medici) nel suo primo giorno di programmazione.
L’incasso è stato di 8 milioni, 680 mila 232 euro (è distribuito da Medusa). Zalone ha battuto se stesso: il precedente record nelle prime 24 ore era di Quo Vado? pari a 7 milioni, 360 mila 192 euro. E le copie, quattro anni fa, erano anche di più, benché di stretta misura: 1229 contro 1210.
Fra i primi dieci incassi del giorno d’esordio figurano solo tre film italiani: anche il terzo, Che bella giornata, è di Zalone, classificandosi al nono posto. E’ il ruggito di un sorriso che fa riflettere sul tema del nostro tempo: l’integrazione. Il re della comicità corrosiva sconfigge Il re leone (che si piazza al quinto incasso nelle prime 24 ore) e altri blockbuster USA, da Avengers: Endgame (terzo posto) a Harry Potter e i doni della morte – Parte 2 (quarto).
Nel film, Zalone (chiamandosi Checco) apre un ristorante giapponese in un paesino della Puglia: fallirà. Inseguito dai debiti e dall’agenzia delle Entrate, scappa in Africa. L’immigrato bianco. Ma la guerra lo costringerà a far ritorno sulla rotta dei migranti.
«E’ un film che passerà alla storia, è il più grande caso del cinema italiano», dice il produttore Pietro Valsecchi. Dice che un avvio così bruciante era tutt’altro che scontato: «Dovevamo gestire una nuova era di Zalone, la sua maturazione». Come avete commentato fra voi l’incasso record? «Ci siamo sentiti al telefono, è in grande ansia, è l’uomo più ansioso che conosca e non riesce a godere del successo. Mi ha detto: spero di non avere tradito il pubblico e che piacerà ai giovani. L’ho rassicurato: su un milione di commenti, cinquanta non hanno gradito il film».
Valsecchi, è anche vero che tante persone uscendo dalle sale cadono dalle nubi e dicono che si ride meno rispetto agli altri lavori, una comicità più mediata e meno immediata: «Però ci si emoziona di più. E sorprende, penso alla cicogna strabica. Questo è un film vero, poetico. Ho parlato con colleghi, poi con Muccino, Verdone, Fiorello, Veronesi…tutti l’hanno apprezzato. Tornando sulle battute, è stato un gesto coraggioso, da parte di Luca, quello di non andare incontro a ciò che
vuole il pubblico da lui ma raccontare chi veramente sia lui. Per me, che sono cresciuto col cinema storico e storie difficili del paese, dal punto di vista anche politico vi scorgo Chaplin e Fellini, racconta la realtà con leggerezza, questa era la grande sfida che si poneva Luca».
Qualcuno alla vigilia aveva stigmatizzato, senza aver visto il film e basandosi sul trailer fuorviante rispetto alla storia, il razzismo latente: «Non è un film politico, lo diventa suo malgrado. Non prende posizione, racconta un viaggio. I migranti non cercano un futuro migliore: cercano il futuro. E poi raccontiamo il paese, l’italia. E’ stata un’avventura durata due anni, faticosa, complicata, affascinante. Abbiamo spostato per venti settimane una gran massa di persone tra Kenya, Malta, Marocco, Bruxelles e vari luoghi italiani».
Nel soggetto e sceneggiatura è rimasto il nome di Paolo Virzì. La regia doveva in un primo momento curarla lui: c’è rimasto male? «No, è stata una separazione consensuale. Sono io che, dopo averne capito la sensibilità e l’ approccio alla vita del set e il modo di guardare la realtà, ho insistito affinché Luca facesse la regia, senza nulla togliere alla bravura e al talento di Paolo».
Parte della critica, al quinto film di Zalone, ha fatto indietro tutta e si è ravveduta. «E’ qualcosa che doveva accadere, dovevano sdoganarlo, poi c’è sempre qualcuno a cui non piace. Dagli USA mi hanno chiamato produttori importanti per capire questo fenomeno italiano». Porterete il film all’estero? «Stiamo organizzando un’anteprima a Parigi. Il viaggio è ancora lungo».