I Siberia, rock under 30 con tanta voglia di leggerezza
La carriera
● I Siberia nascono a Livorno nel 2010, ispirandosi al romanzo di Nicolai Lilin «Educazione siberiana» e nel 2015 partecipano a Sanremo Giovani con «Gioia». Ora pubblicano il terzo album, «Tutti amiamo senza fine»
Rivendicare l’incoerenza. «Sono cresciuto nella campagna livornese, senza internet veloce e con un’educazione cattolica tradizionale. Ho i versi della messa in latino tatuati sul petto, poi sono incoerente nei comportamenti...». Così Eugenio Sournia, frontman dei Siberia, una delle poche band di questa generazione under 30. Incoerenza personale, ma anche musicale. I primi due album del gruppo guardavano alle atmosfere dark della new wave inglese anni 80, con Tutti amiamo senza fine c’è un’apertura alle melodie pop. «È un disco più giovanile, abbiamo accettato che la gioventù filtrasse dalle coltri nere. Non è una cesura. La strada dei riferimenti al passato era autenticità ma anche cecità e rischio di essere di maniera. Non si può ignorare che il pubblico abbia voglia di canzone italiana e che dentro di noi ci sia anche leggerezza».
La leggerezza nelle nuove canzoni c’è, i riferimenti alla new wave sono rimasti ma sono bilanciati. «Ian Curtis» (era il cantante dei Joy Division, morto suicida) è il racconto di un adolescente con pensieri autolesionisti con una chitarra che sdrammatizza. Altrove si guarda a Tenco e ai Baustelle, ma senza prendersi troppo sul serio.
Una canzone si chiama Peccato, la fede torna. «È la mia spada di Damocle. Quando scrivo cerco un punto di uscita umano dalle vicende, senza l’idea di un deus ex machina, senza un intervento soprannaturale. Il peccato è il dilapidare la bellezza e la verità, la mancanza di amore», racconta. Nel testo di My Love ci sono immagini sessualmente esplicite... «L’ha scritta Cristiano (Sbolci, il bassista ndr). Mi facevo scrupoli e ci siamo confrontati duramente, arrivando alle lacrime. Ho ritrovato l’equilibrio nei rapporti di amicizia anche grazie all’aiuto di un sacerdote».
Eugenio ha l’eloquio ricercato: «In campagna non avevo vicini con cui giocare a pallone, che sarebbe stata la mia passione, quindi mi rifugiavo nei libri. L’immediatezza della poesia di Ungaretti e Montale, il nome Siberia viene dal romanzo “Educazione siberiana” di Nicolai Lilin». C’è stata anche tanta musica in quei pomeriggi da adolescente: «All’inizio solo rock anglossassone: Smiths, Joy Division, poi Cccp e Baustelle. A 23 anni Tenco mi ha fatto scoprire la possibilità di scrivere in italiano».
Lo studente modello non si è laureato. «Ho avuto attacchi di panico e somatizzavo, ho passato un anno senza aprire libro. Oggi sembra cool dire che si prendono psicofarmaci, ma dietro ci sono vicende drammatiche. La generazione prima aveva l’eroina, noi i medicinali».