«Dovevo garantire il Senato»
La seconda carica dello Stato respinge le accuse: ho fatto il mio dovere, senza connotazioni politiche
Che la vicenda sia in qualche modo kafkiana lo dimostra il fatto che appena ventiquattr’ore prima il presidente del Senato, quando decide di integrare con due componenti la Giunta per il regolamento, riceve apprezzamenti con diversi sms sulla sua imparzialità, proprio dagli esponenti della maggioranza, da Faraone ad altri.
Eppure non passa neppure un giorno e scoppia una sorta di bufera istituzionale, con la seconda carica dello Stato, Maria Elisabetta Alberti Casellati,
nel mirino della stessa maggioranza per aver espresso un voto che consente lunedì alla Giunta per le immunità di riunirsi e decidere sul caso Gregoretti, Salvini a processo o meno per aver bloccato una nave di migranti. Un voto fra l’altro provvisorio, che la maggioranza voleva a tutti i costi si tenesse dopo le elezioni in Emilia-romagna per non dare altre armi di propaganda elettorale a Salvini.
La Casellati in un primo momento si difende con una nota ufficiale: «In riferimento alla seduta odierna della Giunta per il regolamento, il presidente del Senato respinge con forza ogni ricostruzione dei fatti che in qualche modo possa mettere in discussione la terzietà della sua azione ovvero connotarla politicamente perché non si può essere terzi solo quando si soddisfano le ragioni della maggioranza e non esserlo più, quando si assumono decisioni che riguardano il corretto funzionamento del Senato».
Insomma, per la Casellati il problema non si pone perché si tratta di forma e non di sostanza, perché in virtù della terzietà non ha espresso alcun giudizio sul merito della vicenda, si è solo prodigata per non lasciare bloccato il Senato e garantire il corretto funzionamento delle Commissioni.
«Ho fatto solo il mio dovere, ho evitato che proprio la Giunta per le immunità non potesse esprimersi e la questione finisse direttamente in Aula, quello sì che sarebbe stato un vulnus che ho ritenuto di dover evitare con il mio intervento», si sfoga con i collaboratori mentre è nel mirino della maggioranza, che la accusa di «gravissimo intervento», di «aver leso la sua terzietà», ma che al contempo minaccia di disertare proprio la Giunta di lunedì. «Un gioco politico», lo definiscono indispettiti ai piani alti del Senato, proprio per non mandare Salvini a processo ed evitare che le opposizioni vadano sotto.
Insomma ci sono le accuse, la forma, la sostanza, ma anche parecchi calcoli politici che fanno capolino sino allo studio della seconda carica dello Stato, che li respinge al mittente rivendicando la sua linearità, la sua correttezza, l’aver semplicemente sbloccato la riunione di una Commissione che, fra l’altro, avrebbe già dovuto decidere.
Insomma Casellati, supportata dal suo team di giuristi, dall’ufficio legale, è sicura del fatto suo: «Ho compiuto due atti diversi e ho ricevuto pareri opposti dalle stesse persone, ma tutto è stato fatto soltanto per far funzionare le istituzioni».
Finisce con un grande punto interrogativo, se la sentirà la maggioranza di partecipare lunedì al voto e quindi di mandare a processo Matteo Salvini, o approfitterà del fatto che la Casellati ha fatto qualcosa di «molto grave e scorretto», come accusa persino il segretario del Pd, Nicola Zingaretti per disertare la Giunta?
In ogni caso dopo, entro 30 giorni, dovrà esprimersi l’aula e in questo caso la maggioranza non avrebbe motivo per disertare. In questo momento ogni polemica che può far titolo suscita accuse incrociate, anche se sganciate dalla realtà. Ma a quel punto, quando voterà l’aula, il voto in Emiliaromagna si sarà già tenuto.