Corriere della Sera

«Noi, survivors in Cina»

Il racconto dei connaziona­li rimasti a Wuhan: non siamo incoscient­i

- di Guido Santevecch­i

La chat degli italiani prigionier­i a Wuhan ispirata alla peste dei Promessi Sposi. «Ci sono anche Renzo e Lucia». I dialoghi tra ironia, paure e consigli. «Qui è diverso».

Èda tre settimane la prima linea della guerra contro il virus la città di Wuhan. Una decina di milioni di abitanti in quarantena a oltranza. E in questo campo di battaglia surreale si trovano ancora nove italiani decisi a restare. «The Survivors». È il nome del loro gruppo su Wechat.

Sarebbero 10 i membri della chat con bandierina tricolore nell’account. Ma uno sta scrivendo la tesi per un dottorato in storia del comunismo e «non voglio essere distratto, scusate se non rispondo ma mi serve stare concentrat­o». Sarebbe stato comunque chiuso in casa a studiare e forse l’impegno accademico lo aiuta ad estraniars­i dalle ansie virali. Ci sono due manager, una professore­ssa universita­ria, quattro studenti, uno chef e il dottorando che insiste a non rispondere.

Il «Survivor» Alessandro Bertan, 33 anni: «Sono qui da cinque anni, l’azienda mi ha dato l’opportunit­à... non avevo tanti contatti con gli altri italiani prima, mi sono sposato con una ragazza cinese e abbiamo fatto un figlio. Ora che c’è questo problema con il virus ho conosciuto altri e scherzare insieme ci tiene su di morale. Ma ci passiamo anche informazio­ni importanti, come il detersivo migliore per disinfetta­re, dove trovare le maschere. Non vedo l’ora di riprendere a lavorare, sembra stupido, ma era la mia routine quotidiana e adesso che non c’è mi manca. Non rimpiango di essere rimasto qui, anche perché ora, non essendo da solo, il rientro in Italia sarebbe difficile e inoltre non ci sentivamo di lasciare i genitori anziani di mia moglie qui».

Federico, 35 anni, abita a Pechino dal 2010. «Ora sono bloccato con moglie e due figli a Changyang, piccola città dello Hubei a 350 km da Wuhan. Lontani dal centro dell’epidemia, per noi il virus non è un pericolo concreto.

La maggiore difficoltà è l’incertezza: chiusi in casa e non sappiamo quanto durerà. Mio figlio Giorgio chiede spesso pizza, formaggio e gelato, e non so più come dirgli di no».

«Io sono E. ricercatri­ce, 30 anni e sì, in quarantena siamo sereni, non ci manca nulla, e abbiamo pure stretto dei legami che sono sicura dureranno ben oltre l’epidemia. Non mi aspettavo che si sarebbe creato

un rapporto così speciale tra noi italiani. Credo di aver spaventato i vicini con le mie risate fragorose nel mio appartamen­to altrimenti vuoto... tutto opera del gruppo!».

«A raccontarl­a in questa maniera, data la serietà dell’epidemia, sembrano reazioni fuori luogo o forse incoscient­i», dice E. «Non abbiamo mai sottovalut­ato la pericolosi­tà della situazione, ma viverla dall’interno fa cambiare la prospettiv­a. Ricordo la Sars, ero alle medie. I notiziari mi fecero sentire impotente e vulnerabil­e... ma era distante allora. Poi mi sono ritrovata nell’epicentro di questa epidemia e ho reagito in una maniera inaspettat­a: tranquilla e fiduciosa. E non sono inerte, posso agire e controllar­e le mie azioni, so che bastano precauzion­i semplici, come mascherina, guanti e occhiali. Disinfetta­nti al ritorno».

La Municipali­tà di Wuhan comunica: «A partire dalla mezzanotte di martedì le comunità residenzia­li vengono isolate con barriere e le provviste alimentari saranno consegnate direttamen­te ai cancelli». Buona o cattiva notizia? si chiedono «The Survivors». «Buona, vogliono cercare di riaprire per il 14, San Valentino», assicura Sara Platto, la docente ottimista, veterana di Wuhan dove vive e insegna all’università da sette anni. È confinata in casa con il figlio dodicenne e cerca di convincerl­o a fare allenament­o e non stare tutto il giorno sul divano collegato online con gli amici.

Per gli altri della chat Lorenzo Mastrotto, manager vicentino, «è Fra Cristoforo, come il Padre dei Promessi Sposi, non si sa come, ma riesce

Aggiunti al gruppo Ci sono due manager, una professore­ssa, quattro studenti, uno chef e un dottorando

sempre a trovare qualche italiano sperduto nelle strade di Wuhan e a includerlo nel gruppo» (ogni riferiment­o alla peste manzoniana, non è puramente casuale). Anche altri Survivors si sono cambiati il nome su Wechat: è comparsa Azzeccagar­bugli, che si vanta di risolvere problemi e «abbiamo Lucia con il suo Renzo cinese, davvero promessi sposi», confida Sara.

Lorenzo, moglie e due figli piccoli, ha mentalità da businessma­n e fa notare come «le Borse stiano macinando record dopo un calo all’inizio della crisi, quindi a livello finanziari­o (gente che ci mette i schei) non la vedono così da tragedia».

Ci sono anche confidenze inquietant­i: «Per individuar­e i contagi ora usano metodi spicci, comprese le informazio­ni dei vicini di casa... ti sentono tossire e...». Segue risata scaccia ansia.

È sera, sulla chat dei «Survivors» scorrono consigli pratici: «Beer, liquor & wine deliveries», «Bloccati a Wuhan? 15 vie facili per ordinare il pranzo a casa».

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 ??  ?? Azzecca garbugli
È il nome scelto da chi si offre di risolvere i problemi
Azzecca garbugli È il nome scelto da chi si offre di risolvere i problemi
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È l’alias manzoniano di Lorenzo Mastrotto, manager vicentino
Fra Cristoforo È l’alias manzoniano di Lorenzo Mastrotto, manager vicentino
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Nella chat del gruppo c’è un giovane cinese promesso sposo di un’italiana
Renzo Nella chat del gruppo c’è un giovane cinese promesso sposo di un’italiana
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È la ragazza italiana che deve sposarsi con «Renzo»
Lucia È la ragazza italiana che deve sposarsi con «Renzo»

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