Steve, da Singapore al Monte Bianco: è guarito «il contagiato globetrotter»
Il britannico che ha portato il virus dall’asia all’europa: per l’oms è un esempio di «grande diffusore»
Un signore britannico di mezza età in vacanza sulle Alpi francesi è diventato l’emblema di come i viaggi internazionali possano mettere a repentaglio gli sforzi del mondo per contenere l’epidemia di coronavirus.
Steve Walsh, 53 anni, avrebbe contratto il virus tra il 20 e il 22 gennaio mentre era Singapore per una conferenza internazionale sponsorizzata dalla sua azienda, la Servomex, una compagnia britannica che produce sensori industriali e li vende nel mondo. In seguito l’uomo d’affari, quando era ancora asintomatico, ha raggiunto la sua famiglia che era a sciare sul Monte Bianco, in Francia. Lì ha infettato altri cinque concittadini che erano nel suo hotel, compreso un bambino di 9 anni, e uno spagnolo che era nell’area. Tornato in patria, a Hove nei pressi di Brighton, il nostro portatore sano (almeno fino ad allora) ha diffuso ulteriormente il virus, tanto che la città nell’east Sussex è diventata il centro della crisi in Gran Bretagna, visto che 5 degli 8 casi registrati nel Paese sono stati lì. E a Brighton lunedì è stato chiuso temporaneamente un ambulatorio pubblico perché Catriona Greenwood, una dei medici dello staff, è risultata positivo al nuovo coronavirus. Questo senza contare le persone che Walsh ha incontrato sui voli che ha preso per tornare nel Regno Unito. Si teme anche che altre novanta persone, presenti alla conferenza a Singapore, possano essere state infettate e aver così iniziato altre catene di contagio nei loro Paesi natali.
Per l’oms, l’organizzazione Mondiale della Sanità, Walsh è l’esempio perfetto di «super-spreader» (super diffusore), cioè qualcuno che infetta una grande quantità di persone. Ma la colpa non è di certo sua, come sottolinea il direttore dell’istituzione Michael Ryan. Oggi il businessman è guarito ma è ancora in isolamento precauzionale all’ospedale di Brighton.
Non è la prima volta che accade. A gennaio una donna di Shanghai che si era recata in Germania per partecipare a una sessione di aggiornamento alla Webasto, un’azienda di componentistica automotive, nel quartiere generale di Stockdorf, a Sud-est di Monaco, ha contagiato una dozzina di colleghi che poi hanno passato la malattia anche ai loro familiari.
Non è ancora chiaro come si trasmetta il coronavirus che ha già infettato più di 40 mila persone e ne ha uccise più di 900. Secondo gli esperti è probabile che il contagio passi attraverso le gocce che entrano nell’aria quando una persona tossisce o starnutisce. L’incubazione è di circa 14 giorni, all’inizio i sintomi possono essere leggeri, facilmente confondibili con un raffreddore. Secondo il direttore generale dell’oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, il modo in cui il contagio è stato diffuso dall’uomo d’affari britannico, che non ha mai messo piede in Cina, è molto allarmante: «Questa potrebbe essere la scintilla che crea un incendio ancora più grande. Il nostro obiettivo è il contenimento. Rinnoviamo l’invito a tutti i Paesi perché evitino il diffondersi dell’epidemia».
Durante l’esplosione della Sars, tra il 2002 e il 2003, fu un dottore cinese a portare la malattia all’estero quando si recò in un hotel di Hong Kong e infettò sei ospiti che tornarono in Canada, Taiwan, Thailandia e Singapore dove diffusero ulteriormente il virus.
Andando molto indietro nella Storia, la più famosa «super spreader» è la cuoca irlandese Mary Mallon, soprannominata «Mary la tifoidea» per aver passato la malattia a decine e decine di persone. La donna, che ha vissuto tra il 1869 e il 1938, è stata costretta a rimanere tanti anni in esilio all’estero proprio per la sua nomea.