Corriere della Sera

L’avvocato dello Stato boccia (a sorpresa) la Spazzacorr­otti

Considerat­a incostituz­ionale la retroattiv­ità. Attesa per la decisione della Consulta

- di Giovanni Bianconi

ROMA La bocciatura più clamorosa e inattesa, di cui non si ricordano precedenti, arriva a fine udienza, quando prende la parola l’avvocato dello Stato. Che di solito è chiamato a difendere le leggi sospettate di incostituz­ionalità davanti ai giudici della Consulta. Ma stavolta il legale Massimo Giannuzzi, che interviene in rappresent­anza del governo, dice di avere modificato la posizione già espressa nelle memorie depositate. E spiega che una norma contenuta nella legge cosiddetta Spazzacorr­otti — quella in cui si nega ai condannati per corruzione la possibilit­à di scontare la pena fuori dal carcere, pure se i fatti contestati sono precedenti alla riforma — è contraria ai principi della Costituzio­ne.

Prima di lui l’avevano sostenuto i difensori di alcuni detenuti, costretti a entrare in cella nonostante debbano scontare pene inferiori ai quattro anni di detenzione, per le quali normalment­e non si va in prigione. Ma dal 1° febbraio 2019 la Spazzacorr­otti — fiore all’occhiello del M5S, approvata quando erano al governo con la Lega — ha equiparato i reati contro la pubblica amministra­zione a quelli di mafia, terrorismo e droga, negando la possibilit­à di accedere a ogni misura alternativ­a al carcere. E in assenza di disposizio­ni transitori­e, la legge è stata applicata anche a chi, nell’ultimo anno, è stato condannato per fatti commessi prima della riforma. Ma non si può, sostiene l’avvocato dello Stato. Perché ogni norma che incide sulla libertà o sulle condizioni di detenzione va considerat­a «di diritto sostanzial­e», e quindi non può essere applicata retroattiv­amente, come impone l’articolo 25 della Costituzio­ne. «L’hanno ben spiegato i colleghi difensori di cui non mi sento contropart­e — ha sottolinea­to il legale del governo — perché lo Stato di diritto è e dev’essere punto di riferiment­o per tutti gli operatori del diritto, indipenden­temente dalle parti che rappresent­ano». Ma nelle sue conclusion­i, a differenza di chi l’ha preceduto, l’avvocato Giannuzzi non chiede alla Corte di cancellare la norma; sollecita piuttosto una «sentenza interpreta­tiva» che rigetti l’eccezione di incostituz­ionalità ma ribadisca la lettura costituzio­nale che vieta l’irretroatt­ività della nuova legge.

La sostanza non cambia: l’avvocato dello Stato boccia senza appello quel pezzo della Spazzacorr­otti, e allo stesso tempo il governo che l’aveva proposta e il Parlamento che l’ha approvata senza preoccupar­si delle violazioni che conteneva in sé. Illustrate nei dettagli dagli altri degli avvocati, tra i quali il professor Vittorio Manes (già vincitore davanti alla Consulta nel «caso Cappato», a proposito del «fine vita») e Gian Domenico Caiazza, presidente dell’unione camere penali.

Tutti hanno evidenziat­o la beffa inflitta a imputati che hanno scelto una strada processual­e (rito abbreviato, ordinario o patteggiam­ento della pena) e una strategia difensiva (ammissione o meno dei fatti addebitati, collaboraz­ione con i magistrati oppure no) in consideraz­ione delle norme in vigore e della possibilit­à di scontare la pena fuori dal carcere, ma a giochi fatti le regole mutate li hanno spediti in prigione. «Lo Stato non può cambiare le carte in tavola a sorpresa, come se i cittadini fossero sudditi di un potere assoluto e autoritari­o», ha accusato l’avvocato Manes. «Pensateci voi, che siete al riparo dalle polemiche fastidiose e volgari sull’esecuzione della pena», ha chiesto Caiazza ai giudici della Corte costituzio­nale. La sentenza della Corte potrebbe arrivare oggi o nelle prossime settimane.

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Insieme Marta Cartabia, presidente della Consulta, con Mario Rosario Morelli, presidente di sezione Corte Cassazione

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