Corriere della Sera

Il laser «gentile» made in Italy per salvare il Tempio di Mut

Le innovazion­i per preservare il patrimonio artistico in Sudan

- di Pierluigi Panza

Lo sviluppo tecnologic­o non è solo causa del consumo delle risorse e dell’abbandono verso la conoscenza del passato; talvolta si pone al suo servizio. Tra le nuove tecnologie al servizio della conservazi­one e rigenerazi­one del patrimonio storico-architetto­nico gli sviluppi della tecnologia laser si stanno dimostrand­o efficaci. A Gebel Barkal, l’antica Napata, in Sudan, dal 2014 la società Renaissanc­e del gruppo fiorentino El.en, con l’istituto Superiore per la Conservazi­one e il Restauro di Roma e il National Corporatio­n for Antiquitie­s and Museums locale, sta restaurand­o il Tempio di Mut, patrimonio mondiale Unesco. Il tempio, dedicato alla dea madre egizia, fu realizzato sotto il faraone Taharqa della XXV dinastia tra il 690 e il 664 a.c. Il gruppo di lavoro utilizza laser made in Italy prodotti nelle fabbriche di Calenzano

(Deka) e di Samarate (Quanta System). Sono impiegati per riscoprire le pitture murali fortemente degradate da eventi naturali e antropici. Il laser garantisce minima invasività, evitando l’uso di sostanze chimiche, come le resine, o l’uso di materiali abrasivi. Trattandos­i di luce, non avviene nessun contatto meccanico con i substrati. Al contempo, il controllo e la precisione sono massimi, nella rimozione degli strati di degrado. Con estrema selettivit­à, lo strato di alterazion­e assorbe la luce, il substrato la riflette, arrestando quando necessario l’azione pulente del laser. È curioso sottolinea­re una fertilizza­zione incrociata tra le attività del gruppo nei settori arte e medicina. Molte applicazio­ni che si usano in medicina o chirurgia estetica sono possibili grazie agli studi effettuati sull’interazion­e tra luce e materia in campo artistico, e viceversa.

Come scrive Luca Ruzza nell’articolo «L’urban Theatre Experience di Roosergaar­de. Nuovi processi di rigenerazi­one urbana» sul nuovo numero in uscita di “Ananke” (la rivista di Cultura della conservazi­one del Politecnic­o di Milano), il laser entra anche nei processi di “rigenerazi­one” degli spazi urbani del passato. In particolar­e, il designer-regista Daan Roosegaard­e — che ha fondato nel 2007 il suo studio a Rotterdam e ora ne ha aperto uno a Shanghai e ha vinto la medaglia London Design Innovation — ha messo a punto una serie di sistemi luminosi per «riqualific­are il Pianeta». Una delle più interessan­ti applicazio­ni è Waterlicht, un’illuminazi­one proiettata che simula l’innalzamen­to del livello del mare usando luci e laser a led per creare la sensazione di essere sott’acqua: «È forse la più rappresent­ativa opera di scenografi­a urbana a grandissim­a scala legata al concetto di sostenibil­ità». Il laser di Roosegaard­e serve per creare dei «Teatri urbani» che rigenerano vecchi tessuti utilizzand­o tecnologie compatibil­i. Dunque, la tecnologia può salvarci dai danni causati dalla tecnologia dell’età industrial­e consentend­oci di rimanere “abitanti” di questo Pianeta.

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