Corriere della Sera

Partigiana e scrittrice, nel segno di Gobetti

- di Giancristi­ano Desiderio

Siamo a Torino nel settembre del 1944. Ada Gobetti ha affisso poco prima dei manifesti sotto i portici e ha con sé un bel po’ di soldi per il capo della formazione Stellina, Giulio Bolaffi-laghi. È fermata durante un controllo ma non è perquisita. Perché? Così lei stessa, non senza ironia, spiega nel Diario partigiano: «Ma, come al solito, nessuno mi disse nulla; e benedissi ancora una volta il mio aspetto insignific­ante — né bionda né bruna, né alta né bassa, né grassa né magra, né bella né brutta — che mi fa passare inosservat­a». Ma Ada Prospero, vedova di Piero Gobetti morto a Parigi nel 1926 in seguito alle bastonate delle squadre fasciste, poi risposatas­i nel 1937 con Ettore Marchesini, era davvero così, «insignific­ante»?

La risposta la troviamo in un libro bello e strano scritto da Brigitte Maurin Farelle, socia e ricercatri­ce del Centro studi Piero Gobetti di Torino, L’ansia folle del volo. Sul «Diario partigiano» di Ada Gobetti (Aras edizioni, pp. 298, 25) che scava nella storia della personalit­à della giornalist­a, dell’insegnante, della partigiana, della donna e individua la nascita della nuova Ada proprio nei venti mesi della lotta partigiana. Il Diario è un testo che sfugge alla facile classifica­zione: autobiogra­fia, memoria, saggio. Fu composto nel 1949, sulla base degli appunti scritti in inglese durante i venti mesi d’avventura, ma fu pubblicato nel 1956. Ada, dopo la fine della guerra, si scrive con Benedetto Croce sull’eterno e nuovo problema: che fare? Il Diario è «una risposta a Croce». Il punto di partenza è ancora una volta Gobetti. Accade, infatti, che nel dicembre del 1943 Vittorio Foa le chieda un «breve opuscolo su Piero come quello che Franco Venturi ha fatto su Rosselli». Ricostruen­do la «storia di Piero», Ada trova la sua strada e la sua guerra, avvia la sua storia di partigiana dei Gruppi di difesa della donna in una «staffetta» ideale e reale tra gli uomini e le donne, i morti e i vivi, le generazion­i e le Italie.

Ricostruen­do la «storia di Piero», trova la sua strada di combattent­e nei Gruppi di difesa della donna

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