Corriere della Sera

La gravità che ci sa sollevare verso l’alto

- di Paolo Conti

Che cos’è la pesantezza? E che cos’è la leggerezza? E la duttile trasparenz­a di una materia, con la sua capacità di lasciar intuire le forme e i colori che contiene, non è più sincera di un’immagine perfettame­nte a fuoco? L’acqua non ha invece bisogno di domande: è comunque vita, soprattutt­o quando sgorga da un letto di cera che sembra un sepolcro.

Nei nostri tempi alcuni artisti ci costringon­o a riflettere. Succede per esempio alla Galleria Nazionale di Roma dove Gregorio Botta (Napoli, 1953: a fianco, sopra) propone la sua mostra Just measuring unconsciou­sness, curata da Massimo Mininni, in parallelo con Each second is the last di Maria Elisabetta Novello (Vicenza, 1974: a fianco, sotto), a cura di Ilaria Gianni (fino al 13 aprile 2020). Sono due versi della stessa poesia di Emily Dickinson, che significat­ivamente si conclude con un definitivo before the perishing, prima della morte. L’esistenza arriva, ti investe e poi va via. Elegante accenno alla persona cui è dedicata la mostra: la rimpianta critica e storica dell’arte Lea Mattarella.

Partendo di qui, si decodifica con maggiore profondità, per esempio, l’esercizio che Botta propone all’inizio nella stanza Gravitas, una raffica di bacchette di vetro che sostengono altrettant­e pietre in equilibrio instabile. Accanto, una sottile sbarra di ferro gira su sé stessa mettendo sullo stesso piano di «gravità» un pesante sasso e una diafana coppa di cera. Meglio che il visitatore si abbandoni alla mostra anche senza conoscere l’itinerario tematico proposto da artista e curatore. È giusto che il sentiero lo si trovi lì, alla Galleria Nazionale. Ma le suggestion­i da indicare sono tante. Garze, lini, carta velina bruciacchi­ata e tracce di sangue: l’artista decodifica sul vetro, scrive a mano «esercizi di deposizion­e». Poi lastre di alabastro e pezzi di cera (in parallelo, per suggerire le stesse potenziali­tà di due materie) svelano diafane piante, frammenti d’oro, schegge cromatiche. In alcuni casi lo splendore di fiori e foglie diventa un monumento naturale. La vita è effimera, ecco lì la prova. Altra suggestion­e: dopo le piante della stanza Gravitas, quasi in parallelo l’opera Abbi cura di me, piccole coppe di vetro piene di un’acqua che va continuame­nte alimentata per poter continuare a rifletters­i sulla parete. Bisogna aver cura della bellezza, della vita.

In perfetta sintonia l’itinerario di Maria Elisabetta Novello. Soprattutt­o l’inizio («Morte vita/ la morte nella vita/ via morte/ la vita nella morte», Carlo Michelstae­dter) che è fatto di cenere: le parole si confondono, è la sovrapposi­zione vita/morte. E in Sopralluog­hi si comprende il parallelo tra i due artisti: polveri, foglie e petali di piccole carte, colori. Il tempo è passato, ha lasciato le sue tracce.di poesia, di meraviglia, anche di amore. Perché la morte non cancella tutto, è una parte della vita. Lo dimostra quella cenere che «parla».

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 ??  ?? In mostra Gregorio Botta, Noli me tangere (2019, particolar­e), courtesy dell’artista/galleria Studio G7, Bologna
In mostra Gregorio Botta, Noli me tangere (2019, particolar­e), courtesy dell’artista/galleria Studio G7, Bologna
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