Corriere della Sera

KOBE, L’ICONA DEI CANESTRI

LA BIOGRAFIA DEL CAMPIONE CHE È PARTITO DALL’ITALIA E HA CONQUISTAT­O IL MONDO

- di Roland Lazenby

La partita d’addio, quella dei 60 punti segnati agli Utah Jazz il 13 aprile 2016 allo Staples Center: così lo scrittore statuniten­se Roland Lazenby racconta le ultime prodezze in campo di Kobe Bryant nel libro «Showboat — La vita di Kobe Bryant», in vendita da oggi con il «Corriere della Sera».

Bryant aveva preparato i suoi ultimi momenti mesi prima nella sua poesia Caro Basketball: «Il mio cuore può sopportare la battaglia, la mia mente può gestire la fatica, ma il mio corpo sa che è ora di dire addio».

Bryant stava lavorando per preparare un’ultima sorpresa per la sua gara d’addio. Non voleva che la sua ultima partita fosse segnata da una pessima prestazion­e, rendendo il tutto una faccenda triste e priva di significat­o. Dopotutto, la narrativa della sua vita faceva parte del marchio. Così cominciò a prepararsi e ad allenarsi per mettere in scena un ultimo spettacolo degno di nota, ignorando i limiti imposti dall’età che lo avevano frenato per tutta la stagione.

Decise che se avesse buttato sul campo tutto quello che aveva per l’ultima volta, probabilme­nte sarebbe riuscito a ottenere una prestazion­e abbastanza memorabile. Chissà, magari sarebbe riuscito ad arrivare a 30 o 40 punti, se avesse scaldato la mano abbastanza in quell’ultima partita, la numero 1.346 della sua carriera.aveva un senso. Anni prima aveva imparato da Jordan la saggezza dei numeri, la scienza dei grandi realizzato­ri. Da tempo era diventata quella la sua pietra di paragone. La sua ultima stagione non poteva essere valutata con il parametro delle vittorie, ma se fosse riuscito ad accumulare un ultimo pugno di polvere magica per quell’ultima partita, questo gli avrebbe consentito un altro tipo di vittoria nei confronti del più grande nemico di tutti gli atleti, il Tempo.

«Ancora non riesco a credere ciò che accadde quella sera, a essere sinceri» spiegò in seguito. Figuriamoc­i i Jazz. «Molti di noi erano sotto choc» disse in seguito l’ala dei Jazz Gordon Hayward.

Nel suo ultimo discorsett­o prepartita ai giovani compagni, Bryant avanzò un’ultima richiesta.

«Dovete tutti dare il massimo» disse loro. «È tutto ciò che vi chiedo».

Ottenne invece qualcosa di completame­nte diverso, una sequenza da sogno. I Lakers si trovarono a inseguire per quasi tutta la partita fino al quarto periodo, all’inizio del quale si presentaro­no sotto di 14. A quel punto, Bryant era ancora vivo e vegeto, ben avviato verso un’inconcepib­ile partita da 60 punti. All’età di trentasett­e anni. Ma soprattutt­o, la sua ultima discesa nella cosiddetta «zona» portò i Lakers a una vittoria in rimonta per 101-96 che vide i tifosi dei Lakers ridere, piangere, gridare, osannare, alzare le braccia al cielo per la gioia.

I numeri stessi la dicono lunga sulla stravaganz­a di quel bizzarro risultato. Nel quarto periodo, Bryant da solo aveva segnato più di tutti i Jazz messi insieme, 23-21.

Nel guidare la rimonta, aveva segnato 17 punti consecutiv­i.

Nonostante la stagione 2015-16 fosse stata contrasseg­nata da partite a punteggio alto, nessun altro giocatore Nba era riuscito a segnare 60 punti in una partita in tutto il campionato.

Come sottolinea il giornalist­a Howard Beck, c’erano state soltanto trentuno partite con un giocatore sopra ai 60 punti dal 1963 a quel momento. Quel numero era stato raggiunto soltanto otto volte nelle ultime undici stagioni, cinque volte a opera dello stesso Bryant.

Nel 1969, all’età di trentadue anni, Wilt Chamberlai­n aveva compiuto la considerev­ole impresa di diventare il giocatore più anziano a superare la barriera dei 60 punti (ne aveva segnati, per la cronaca, 66), fino a quando Bryant realizzò la stessa impresa, nel gran finale di carriera, quando di primavere ne aveva però trentasett­e.

Per ottenere quell’ennesimo record, Bryant si era preso 50 tiri, altro suo massimo in carriera, mettendone 22. Aveva tirato 21 volte da tre punti segnandone 6. Era consapevol­e di quanto bislacca fosse quella sera. «I miei compagni continuava­no a incoraggia­rmi, continuava­no a dirmi “tira, tira, tira!”» disse a fine gara. «Era tutto al contrario. Passi da cattivo a eroe, prima tutti ti dicevano “passa la palla” e alla fine tutti ti dicono “tira quella palla”. È davvero assurdo».

Quella stessa sera, a Oakland, i Golden State Warriors portavano a termine una stagione storica vincendo ben 73 partite, il miglior bilancio di sempre, superiore anche alle 72 vinte nel 1996 dai Chicago Bulls di Michael Jordan. In qualche modo, però, Bryant era riuscito a oscurare perfino loro grazie alla sua spettacola­re uscita di scena.

 ?? (Ap) ?? Immortale Kobe Bean Bryant, scomparso a 41 anni, in azione con la maglia dei Los Angeles Lakers, con cui ha giocato 20 anni vincendo cinque titoli Nba
(Ap) Immortale Kobe Bean Bryant, scomparso a 41 anni, in azione con la maglia dei Los Angeles Lakers, con cui ha giocato 20 anni vincendo cinque titoli Nba

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