Corriere della Sera

«Ehi, maschio, come ti chiami?» Quei 52 secondi in caserma bendato

Roma, il video esclusivo dell’interrogat­orio dopo l’omicidio del carabinier­e Cerciello

- di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

Finora era stata diffusa soltanto la sua foto con una benda sugli occhi e le mani dietro la schiena serrate dalle manette. Invece adesso si scopre che dopo l’arresto per l’omicidio del vicebrigad­iere Mario Cerciello Rega, il giovane americano Gabriel Christian Natale Hjorth è stato ripreso con un telefonino dagli stessi carabinier­i che lo avevano portato nella caserma del Nucleo investigat­ivo di Roma. A girare il video è stato Andrea Varriale, che la notte tra il 25 e il 26 luglio era proprio con Cerciello e lottava con Hjorth mentre il collega veniva colpito dall’altro ragazzo americano, Edgar Lee Finnegan, con 11 coltellate. Due giorni dopo — probabilme­nte nel timore di essere indagato per l’uso di una «misura di rigore non consentita dalla legge» — lo stesso Varriale ha consegnato il filmato ai suoi superiori che lo hanno portato ai magistrati. Un ulteriore elemento di scontro tra accusa e difesa a pochi giorni dall’inizio del processo contro i due statuniten­si del 26 febbraio. Perché è vero che Finnegan ha sferrato i fendenti uccidendo il sottuffici­ale, ma nella ricostruzi­one di quanto accadde quella notte ci sono ancora numerosi punti oscuri. A partire dal comportame­nto di Varriale e di Cerciello che erano in maglietta e bermuda, disarmati e senza tesserino.

Quei 52 secondi

Il filmato dura qualche minuto, ma nella copia che è stata depositata agli atti processual­i si vedono 52 secondi. Quando era stata diffusa la foto i carabinier­i si erano difesi sostenendo che la benda serviva ad evitare che l’indagato vedesse quello che c’era sui computer della caserma. Una tesi che la Procura diretta da Michele Prestipino non ha ritenuto credibile e infatti ha indagato il carabinier­e Fabio Manganaro per «adozione di misura di rigore non consentita dalla legge» mentre il suo collega che aveva diffuso la foto risponde di abuso d’ufficio e pubblicazi­one di immagine di persona privata della libertà.

«Cosa cambia?»

Le immagini mostrano che nella stanza della caserma sono presenti almeno quattro carabinier­i, tra loro c’è anche una donna. Il ragazzo appare disorienta­to parla con un filo di voce. Risponde in italiano, non c’è l’avvocato.

Il 26 luglio 2019 Le immagini di Hjorth, bendato tra i militari, dopo il fermo insieme all’amico Finnegan

«Ehi maschio, come ti chiami?», chiede un carabinier­e.

«Che cambia?», risponde Natale Hjorth.

Poi l’interrogat­orio prosegue, gli chiedono «dov’è la felpa rosa». Lui ripete «felpa rosa», ma non sembra comprender­e di che si stia parlando. «Dov’è?», insiste il carabinier­e.

La reazione dei difensori del giovane, gli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi, è immediata e fa ben comprender­e quale sarà uno degli argomenti di scontro al dibattimen­to: «Il video documenta in maniera evidente non solo il trattament­o umiliante e contrario alla dignità della persona al quale è stato sottoposto Gabriel Natale, ma anche l’insostenib­ilità delle giustifica­zioni fornite da più parti al momento della pubblicazi­one della foto del bendaggio. È inimmagina­bile che in un Paese civile si possa assistere ad un simile trattament­o di una persona privata della libertà personale».

La disputa Il filmato ha riaperto lo scontro tra accusa e difesa su modalità e diritti

La linea di difesa

Al momento di consegnare il video Varriale ha sostenuto che la sua intenzione «era registrare la voce dell’americano, in quel momento sottoposto a fermo, e metterla a confronto con l’audio legato alla conversazi­one tra lo stesso Hjorth e Sergio Brugiatell­i, l’intermedia­rio dei pusher al quale i due americani avevano sottratto lo zaino». I due studenti americani hanno sempre sostenuto di essere andati all’appuntamen­to per la restituzio­ne dello zaino e per ottenere indietro i soldi che avevano consegnato per l’acquisto della droga «convinti di trovare Brugiatell­i». E quando hanno visto i due uomini in maglietta e bermuda «eravamo convinti che fossero i pusher».

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Christian Gabriel Natale Hjorth, il 19enne accusato di omicidio del carabinier­e Mario Cerciello Rega

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