Quella lezione dal Giappone: aumentare l’iva fa calare il Pil
Il rialzo dell’iva fa male al Pil. È la lezione del Giappone, dove il quarto trimestre segna un meno 1,7% rispetto ai tre mesi precedenti (6,3% annualizzato). Dall’ottobre scorso l’iva era aumentata dall’8 al 10%. Nel 2014 il premier Shinzo Abe (foto) aumentò l’imposta dal 5 all’8%, con lo stesso risultato.
Pare che ci sia una ricetta semplice per spingere alle soglie della recessione conclamata un’economia che fino a ieri cresceva dello zero virgola: basta che il governo decida di aumentare l’iva di due o tre punti percentuali. Questa semplice lezione di politica economica non viene — per una volta — dall’italia ma da un paese lontano e spesso difficile da capire con lenti di analisi occidentali come il Giappone.
Almeno l’evidenza dei dati è chiara: dopo che il primo ottobre 2019 cittadini e contribuenti del Paese del Sol Levante hanno visto salire l’iva dall’8 al 10% (dunque di due punti percentuali), nel quarto trimestre il Pil giapponese è crollato dell’1,7% (al 6,3% annualizzato) rispetto al trimestre precedente, con consumi in contrazione per quasi il 3% e investimenti giù del 4,7%. L’episodio, peraltro, non è isolato. Già nei primi mesi del 2014, infatti, Shinzo Abe — lo stesso premier di oggi — aumentò l’iva per tre punti percentuali, dal 5 all’8%, per la prima volta dopo 17 anni. Era il tentativo di ridurre un po’ il deficit nei conti pubblici implicato dalle sue politiche espansive, le «tre frecce» dell’arco fatto di tassi di interesse negativi, abbondanti acquisti di titoli pubblici da parte della banca centrale e aumenti di spesa pubblica dell’1,5% all’anno. Anche allora — come oggi — il risultato fu lo stesso: a fronte del corposo aumento dell’iva scattato il primo aprile del 2014 l’economia sprofondò in un pesante segno meno e il Pil scese del 2% nel secondo trimestre di quell’anno rispetto al suo livello del trimestre precedente.
Per quanto proveniente da un’economia lontana, il dato giapponese ha qualche implicazione
L’aumento dell’imposta
Dallo scorso ottobre i cittadini del Paese del Sol Levante hanno visto un aumento dell’iva di due punti percentuali, dall’8 al 10%
Il precedente di sei anni fa
Nel 2014 il premier Shinzo Abe aumentò l’imposta dal 5 all’8% per la prima volta dopo 17 anni e il risultato fu il medesimo
anche per la politica di casa nostra. Da noi infatti si discute di come ridurre l’irpef sui redditi medio-bassi facendo salire (o «rimodulando» o «rivedendo») le aliquote Iva per evitare un buco nei conti pubblici.
A supporto di questa tesi sono state citate ricerche prodotte dagli uffici studi del Fondo Monetario e dell’ocse che in effetti hanno indicato la possibilità di aumentare la crescita ridistribuendo il carico fiscale dalle imposte dirette su quelle indirette. Eppure anche a chi conosce i risultati delle ricerche economiche rimane un dubbio, rafforzato dall’esperienza giapponese: perché mai un contribuente a cui lo Stato con una mano lascia più soldi in busta paga riducendo l’irpef dovrebbe spendere di più se poi lo stesso Stato si riprende i soldi con l’altra mano aumentando l’iva?
Una buona risposta a questa domanda non c’è né qui né nell’asia lontana.