Zuckerberg in missione: ma l’ue vuole regole più dure sull’odio online
Arrivano i primi paletti dell’unione Europea per limitare l’uso indiscriminato dell’intelligenza artificiale da parte delle imprese digitali e Mark Zuckerberg incontra a Bruxelles la vicepresidente della Ue con delega per la Concorrenza, Margrethe Vestager e altri due commissari dell’unione coi quali ha subito avuto uno scontro: per il francese Thierry Breton, responsabile del Mercato Interno e per la ceca Vera Jourova, commissario alla Trasparenza, il capo di Facebook non vuole assumersi la responsabilità dei contenuti illegali immessi nelle sue reti. Chiede di essere giudicato solo sulla base della consistenza di filtri e salvaguardie che le sue società sapranno creare. Inaccettabile per la Ue che va per la sua strada con l’elaborazione di un sistema autonomo di regole.
Zuckerberg accetta limiti alla privacy, la definizione del confine sulla liceità della pubblicità elettorale, l’equilibrio tra tutela della privacy e diffusione di dati personali che, dice, devono essere definiti da autorità percepite dai cittadini come legittime, in grado di costruire un vasto consenso. Ma al tempo stesso il fondatore di Facebook non accetta responsabilità editoriali per i contenuti e invita a non varare regole troppo stringenti che limiterebbero la capacità dei grandi gruppi di sviluppare soluzioni innovative.
Zuckerberg, che nei giorni scorsi ha partecipato alla Conferenza per la sicurezza di Monaco di Baviera dove si è mostrato aperto anche su altri fonti — dalle misure per la sicurezza informatica alla disponibilità a pagare più imposte fuori dai confini americani anche con la web tax allo studio da parte dell’ocse — è l’ultimo, dopo Google, Apple e altri, ad andare in «pellegrinaggio» a Bruxelles. Una visita in extremis, visto che domani la Commissione formulerà le prime proposte d’intervento. Quando, infatti, nell’autunno scorso, Ursula von der Leyen chiese alla Vestager, appena confermata alla Concorrenza, di affrontare subito il nodo dell’intelligenza artificiale proponendo interventi entro 100 giorni.
Il mese scorso la Vestager aveva visto, in particolare, l’ad di Google, Sundar Pichai: anche lui aveva sollecitato l’introduzione di un ben calibrato sistema di regole, riconoscendo alla Ue una sorta di ruolo guida in questo campo, a fronte dell’inerzia legislativa americana. Una centralità conquistata da Bruxelles con la sua azione antitrust, ma soprattutto col varo, due anni fa, del Gdpr, il regolamento europeo sulla privacy diventato un modello di riferimento per tutto il mondo.
Donald Trump, irritato da interventi di autorità straniere che incidono sull’operatività
Intelligenza artificiale È il cuore del pacchetto di proposte della Ue. Ed è cruciale per le grandi della tecnologia Usa
delle imprese Usa e allergico agli organismi multilaterali, ha già attaccato i Paesi europei che hanno adottato forme di web tax.
L’intelligenza artificiale è importante per tutte e cinque le big americane della tecnologia: Apple, Google (alimenta il motore di ricerca), Microsoft, Amazon e Facebook. Al Congresso di Washington tanto i democratici quanto i repubblicani continuano a sostenere che è ora di introdurre un sistema di regole, ma è improbabile che si riesca a trovare il necessario consenso bipartisan nell’attuale, infuocato clima elettorale. Per questo la Verstager vuole andare avanti comunque. Punta, dice, a regole efficaci ma non troppo invasive: nel suo mirino non ci sono gli algoritmi che spingono a scegliere un brano musicale o un film di Netflix rispetto a un altro intrattenimento, ma quelli che concedono o negano un prestito o un mutuo casa e che vengono usati in campi più delicati come la sanità o la giustizia. E ieri ha interrogato Zuckerberg in modo particolare sull’uso delle tecniche di riconoscimento facciale.