Corriere della Sera

Bucci, l’attore dimenticat­o che ci fece scoprire Ligabue

Morto a 72 anni L’ultima intervista: non ho soldi, vivo in una casa famiglia

- di Emilia Costantini

Addio a Flavio Bucci, il Ligabue naïf della television­e. L’attore, 72 anni, è morto in solitudine stroncato da un infarto. Protagonis­ta di tanti film in tivù si sentiva a suo agio in teatro. Di sé aveva detto: ho speso tutto in donne, vodka e cocaina.

Era diventato famoso in tv, nei panni del pittore Antonio Ligabue. E invece ieri Flavio Bucci è morto in solitudine, a Passoscuro, sul litorale romano, all’età di 72 anni, stroncato da un infarto.

Nato a Torino, si è formato alla Scuola dello Stabile torinese e ha debuttato giovanissi­mo sul grande schermo nella Classe operaia va in paradiso diretto da Elio Petri. Ma chi lo ha conosciuto da vicino afferma che, fra i tre linguaggi artistici, si sentiva più a suo agio in quello teatrale, che ha frequentat­o fino ai suoi ultimi giorni. Sabato prossimo, infatti, avrebbe dovuto iniziare la tournée con lo spettacolo dove raccontava la sua storia personale. Non a caso si intitolava: E pensare che ero partito così bene, con la regia di Marco Mattolini.

«A tutto pensava fuorché alla morte — ricorda Mattolini — invece un infarto gli ha fatto abbassare il sipario. Lui che era solito ripetere: “Non mi dite che non devo fumare, non mi dite che non devo bere: di qualcosa bisogna morire”». Lo spettacolo aveva debuttato a Roma nell’aprile 2019: «Nella messinscen­a, io stesso gli facevo una lunga intervista — continua il regista

—, in cui raccontava la sua storia con grande sincerità: una confession­e anche delle sue dipendenze». E infatti, in un’intervista al Corriere nel 2018, diceva senza pudori: «Ho speso tutto in donne, vodka e cocaina. Mi sparavo cinque grammi di droga al giorno, solo di polvere avrò bruciato 7 miliardi. L’alcol mi ha distrutto, ma ubriacarsi è bellissimo. Non sono stato un buon padre, lo so».

Un attore poliedrico, Bucci, capace di affrontare i ruoli più differenti. Dal democristi­ano Franco Evangelist­i nel Divo di Paolo Sorrentino al Don Luigi Sturzo nella miniserie di Giovanni Fago; dal Frà Bastiano nel Marchese del Grillo di Monicelli al padre di Massimo Ceccherini in Lucignolo.e non solo: negli ultimi mesi ha girato il suo ultimo film, Psychedeli­c, con il giovane regista, Davide Cosco, che racconta: «Nel mio film, prossimame­nte

Versatile

In alto, da sinistra Flavio Bucci in «La proprietà non è più un furto» (1973) di Elio Petri, in cui interpreta Total, un giovane bancario allergico al denaro; in «Il Divo» di Paolo Sorrentino (2003), in cui veste i panni del politico Franco Evangelist­i. Qui accanto in «Ligabue» (1977), sceneggiat­o tv del 1977 diretto da Salvatore Nocita e basato sulla vita del pittore.

In alto, a destra, a teatro diretto da Nucci Ladogana nel «Riccardo III» (2003), uno degli spettacoli di maggiore successo della sua carriera nelle sale, Bucci interpreta un barbiere che filosofegg­ia sul senso dell’esistenza. Durante la preparazio­ne del film ho passato ore accanto a lui nella casa famiglia che lo ospitava a Fiumicino: amava la mia idea di cinema, che concilia lo spirito rivoluzion­ario con la magia delle visioni. Era un grande artista ridotto in “povertà relativa”, come la chiamava lui: nel suo armadio, tre camicie, due giacche e un paio di scarpe. Un eroe decadente, sul set ci chiedeva solo amore e Campari e si trasformav­a: da semidormie­nte al mattino diventava un leone davanti alla macchina da presa. Viveva in un mare di solitudine, con tanta voglia di sentirsi vivo».

Iniziò il percorso teatrale con il drammaturg­o Mario Moretti, interpreta­ndo Cuore di cane da Bulgakov. Poi ebbe successo con Diario di un pazzo, di Gogol. Si era talmente immedesima­to nella parte che, si racconta, durante una replica al San Ferdinando di Napoli, mentre recitava costretto nella camicia di forza e urlava «Aiutatemi! Aiutatemi!», alcuni spettatori napoletani tentarono di salire sul palco per aiutarlo a liberarsi.

«Era ridotto piuttosto male — riprende Mattolini —. Tuttavia gli erano sempre vicini il fratello Riccardo e la sua ex moglie, Loes Kamsteeg, da cui aveva avuto il suo terzo figlio Ruben, mentre i primi due, Claudio e Lorenzo, li aveva avuti dalla precedente moglie Micaela Pignatelli. Quello che mi colpiva era la sua voglia di esserci, di continuare a lavorare, pur continuand­o a fumare tre o quattro pacchetti di sigarette al giorno e bevendo molto. Nonostante tutti i problemi di salute, che trascurava allegramen­te, era capace non solo di stare in scena, ma anche di intrattene­re i compagni di lavoro dopo lo spettacolo: quando si andava a cena insieme, il suo diventava un secondo spettacolo».

Tuttora ricordato per la sua interpreta­zione televisiva del pittore Ligabue, non è possibile dimenticar­e tanti altri personaggi da lui incarnati. Quando portò in scena una sua interpreta­zione di Shylock, nel Mercante di Venezia, disse: «È il più terribile degli eroi shakespear­iani». E a proposito del tema affrontato nell’opera in questione, cioè l’usura, sottolinea­va: «Sono stato vittima degli strozzini».

Il palcosceni­co

Nella sua carriera è stato protagonis­ta di tanti film ma si sentiva più a suo agio a teatro

Le confession­i

A giorni avrebbe ripreso lo spettacolo in cui raccontava la sua storia personale

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L’attore Flavio Bucci in una scena della serie televisiva «Ligabue», del 1977: è morto stroncato da un infarto all’età di 72 anni
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