Corriere della Sera

«La nuova legge elettorale prima del referendum» Il Pd sprinta, il M5S dice no

- di Alessandro Trocino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Si accelera, o così sembra. ROMA L’obiettivo è approvare la riforma della legge elettorale in commission­e Affari costituzio­nale della Camera entro il 29 marzo. È il risultato del vertice di maggioranz­a sulle riforme che si è tenuto a Montecitor­io, ma è soprattutt­o l’auspicio del Pd, che vorrebbe arrivare con un’idea concreta di legge elettorale al voto sul referendum costituzio­nale (quello che darà o meno il via libera definitivo al taglio dei parlamenta­ri da 915 a 600). Non è affatto detto che ci si arrivi davvero, però, anche perché i 5 Stelle non hanno fretta: temono che una nuova legge significhi un’accelerazi­one del voto, sgradita nel momento in cui nei sondaggi sono in difficoltà.

Lo sbarrament­o al 5%

Il testo (Germanicum o Brescellum) è stato firmato dal presidente della commission­e Affari costituzio­nali della Camera, il 5 Stelle Giuseppe Brescia, per superare i conflitti nella maggioranz­a: prevede una legge proporzion­ale, con soglia di sbarrament­o al 5 per cento e diritto di tribuna. La soglia non piace a Leu, che la considera troppo alta, mentre Italia viva è critica sul diritto di tribuna (che consentire­bbe a chi raggiunge il «quoziente pieno» in almeno tre circoscriz­ioni di due regioni, e non il 5 per cento a livello nazionale, di avere almeno un deputato o senatore).

Brescia è cauto: «La data del 29 marzo non è vincolante. È un tema delicato e ho intenzione di garantire tutti i tempi necessari per la discussion­e». Oggi in ufficio di presidenza si stabilirà il calendario delle audizioni e si capirà se le opposizion­i vogliono ostacolare l’iter. Il Pd, che ha votato no per tre volte al taglio dei parlamenta­ri, ha infine cambiato voto a condizione di varare una legge di tipo proporzion­ale, per rimediare agli effetti di compressio­ne della rappresent­anza della riforma.

Le ipotesi sul voto

Dall’iter della legge dipendono molte cose, in primis se si andrà a votare e quando. Ci sono diverse scuole di pensiero sul tema. C’è chi teme un’improvvisa crisi, con accelerazi­one al voto e vuole evitare di andarci con l’attuale legge, il Rosatellum. Il perché è presto detto: in mancanza di un accordo elettorale tra Pd e M5S (molto difficile), il centrodest­ra a trazione leghista potrebbe arrivare al 60-65 per cento dei seggi. Prenderebb­e probabilme­nte il 50 per cento dei due terzi della quota proporzion­ale e i tre quarti dei seggi uninominal­i. Se salta tutto, in sostanza, senza una nuova legge, la Lega stravincer­ebbe.

La seconda scuola di pensiero dice che, non appena hai una nuova legge elettorale, la tentazione è di andare al voto. La teoria della pistola carica: se hai un proiettile in canna, è più facile sparare. Ma chi ha intenzione di sparare oggi? Si pensa a Italia viva, mentre i 5 Stelle non vogliono andare al voto. Semmai ci vorrebbero andare, più tardi, con il proporzion­ale, che consente loro di scegliere le alleanze dopo il voto, in omaggio al terzopolis­mo dimaiano (mani libere per stare a sinistra o destra).

I dubbi di Leu

Leu, spiega Federico Fornaro, «è d’accordo sulla legge proporzion­ale, ma ha riserve sulla soglia del 5 per cento». Basti

vedere cosa è successo con il Rosatellum: solo Leu ha superato la soglia del 3, arrivando al 3,4 per cento. Per questo si cerca di abbassarla (Sinistra italiana, un terzo del partito, è contraria). In questa logica, neanche Italia viva dovrebbe accettare la soglia, essendo stimata tra il 3 e il 4 per cento. Invece ci sta e c’è un motivo: l’obiettivo dei renziani è formare un rassemblem­ent centrista, costringen­do +Europa (Benedetto Della Vedova ed Emma Bonino) e Azione (Carlo Calenda) a convergere, rinunciand­o a corse in solitaria. Non a caso hanno già annunciato un candidato comune in Puglia. Ma si sommeranno i voti?

E la Lega? Avrebbe da stravincer­e con il Rosatellum. Ma non è escluso che accetti anche il proporzion­ale con il 5 per cento. Spiega Dario Parrini (Pd): «La Lega non è affidabile. Cambia idea tre volte al giorno. Sulla legge ha detto di tutto, come sull’euro: dipende se è mercoledì o giovedì».

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Chi è Enrico Letta, 53 anni

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