E Conte ora avverte l’alleato-rivale: se viene meno la lealtà verifica in Parlamento
La strategia di Palazzo Chigi per disinnescare ltalia viva
ROMA Chi sono i nemici del premier? «È come dal medico della mutua, c’è la fila...». E giù risate. Sui divani di Montecitorio i deputati si divertono con poco e il protagonista delle gag bipartisan, nemmeno a dirlo, è Giuseppe Conte. Quanto resisterà il giurista pugliese sulla poltrona a dondolo di Palazzo Chigi? E chi, tra gli sfidanti, riuscirà per primo nell’impresa di defenestrarlo? Salvini ci prova da mesi, Renzi però lo ha superato in corsa e non si fermerà. E se i due «Matteo» siglassero un piano segreto per fare (politicamente) secco l’odiatissimo rivale? Ma no, un accordo sotterraneo non c’è. Il leader della Lega scaccia le voci e smentisce ribaltoni, perché lui il «signor Conte» vuole rottamarlo da solo, senza soccorso alcuno.
E cosa fa Palazzo Chigi per difendersi dall’assalto? Ripetere come un mantra salvifico che «la strategia del presidente» è «lavorare, senza alimentare polemiche», non basta più. Né basta «non prestare il fianco a Renzi» e sperare che i ministri di Italia viva continuino a sedersi ai tavoli, leali e disponibili come gli altri esponenti della maggioranza. Conte ha capito che tira una bruttissima aria, sa che oggi Renzi potrebbe «sganciare la bomba» in tv e si prepara alla sfida.
Per il professore di Volturara Appula le strade sono due soltanto. O Italia viva decide di proseguire l’esperienza giallorossa «con rinnovato entusiasmo e piena disponibilità a correre insieme, con spirito di squadra». Oppure la scena cambia. Giuseppe Conte apre formalmente la crisi e lo fa in Parlamento, sotto gli occhi degli italiani. Come la scorsa estate, quando il guastatore era Salvini e l’inquilino di Palazzo Chigi lo brutalizzò verbalmente dai banchi del Senato. Ecco la contromossa che il presidente del Consiglio sta studiando: affidarsi al percorso parlamentare più trasparente possibile, nella convinzione che i «responsabili» verranno fuori al momento del bisogno, per salvare il governo e la legislatura.
Fin qui Conte si è sforzato di «non farsi impressionare dagli scartamenti e dalle continue schermaglie» dei renziani, che hanno minacciato la sfiducia al ministro Bonafede e votato con le opposizioni. Adesso però il premier vuole metterci un punto, perché si è convinto che andare avanti con un alleato-avversario che sciorina i nomi di premier alternativi, Gualtieri e Franceschini, Zingaretti o Delrio, è uno stillicidio che fa danno al Paese.
Se fosse una canzone, «Giuseppi stai sereno» sarebbe in cima a ogni hit parade. Sul palcoscenico della politica italiana, così prodigo di colpi di scena che Sanremo in confronto è lo Zecchino d’oro, la vogliono intonare tutti. Per Salvini, Conte è «servo dell’europa» e «nemico degli italiani», un «uomo da poco», «arrogante e ben pettinato», ma lo stile, per il fu vicepremier, «non si misura dal capello». E poiché ogni duello canoro si gioca sugli acuti, anche il repertorio di Renzi è da collezione. Per il predecessore a Palazzo Chigi, Conte è un uomo «baciato dalla fortuna» e persino un «genio della lampada», ma del tutto «inadatto a governare».
All’ultima Leopolda, quando lo spettro della crisi non era ancora all’orizzonte, il leader di Iv andava dritto al cuore della sfida: «Conte ha indici di gradimento che salgono, ma il Pil che scende. A me accadeva il contrario. Non stavo simpatico, però l’italia andava meglio». C’è la gelosia per i numeri di un consenso che Renzi aveva e ha perduto e c’è il timore che l’avvocato mediti di andare al voto, quando sarà, con una sua lista centrista, che toglierebbe luce e voti al progetto del senatore.
Il costituzionalista dem Stefano Ceccanti la mette così: «Nell’area moderata Conte è un ostacolo per Renzi, perché gode di un consenso ampio. Il suo profilo dà fastidio ai leader che si muovono nello stesso bacino elettorale». Prova ne siano gli sberleffi continui di Carlo Calenda, che un giorno sì e l’altro pure professa il suo anticontismo. «Neanche il famoso trasformista Fregoli era capace di così tante incarnazioni — cinguettava proprio ieri su Radio Radio l’ex ministro dello Sviluppo —. Prima fa il governo con la destra, poi con la sinistra e ora cerca i voti del centro».
Già, il centro. Quel presunto Paese dei Balocchi elettorale al quale molti, troppi leader aspirano. E se pure Marco Follini, già vicepremier di Silvio Berlusconi, pensa che Conte sia «la caricatura del centrismo», Renzi deve vederlo come un competitor difficile da battere. E questo perché Zingaretti lo ha legittimato come candidato premier di un futuro centrosinistra. «Conte fa paura perché è il punto di congiunzione tra Pd e M5S — riflette Pier Luigi Bersani, che al premier suggerisce di rilanciare “aprendo un orizzonte” —. Non è detto che abbia il fisico, ma se vuole salvarsi ci deve credere». E qui l’ex segretario del Pd incrocia le dita, perché sulla sua strada il Conte in versione leader dei progressisti troverebbe altri nemici. I nomi? Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista.
La stoccata
Alla Leopolda Renzi disse: «Conte ha un gradimento che sale, ma il Pil che scende»
L’analisi di Bersani «Il premier fa paura perché è il punto di congiunzione tra Pd e Movimento 5 Stelle»