Il virus perde forza? Pechino spera
Il governo fornisce i primi dati reali: l’80% degli ammalati ha sintomi lievi
I l portavoce del ministero degli Esteri di Pechino (collegato via Wechat per evitare rischi di contagio tra la stampa) ieri ha aperto il briefing sottolineando che 1.701 pazienti, curati e guariti, sono stati dimessi dagli ospedali. Totale dei contagiati usciti dall’incubo del coronavirus 12.552. E subito un altro dato positivo: «In Cina, fuori dallo Hubei, lunedì solo 79 casi confermati di contagio, quattordicesimo giorno consecutivo di declino nel numero degli infetti».
Nello Hubei e a Wuhan, ground zero del Covid-19, i nuovi casi accertati sono stati 1.808 e i morti 93, anche questi in diminuzione. I numeri dell’epidemia restano alti in Cina: pazienti ricoverati 72.436, morti 1.868 (quasi tutti nello Hubei). Nel resto del mondo sono solo 900 i contagi e la concentrazione maggiore (542 passeggeri) è sempre sulla nave da crociera Diamond Princess, ancorata davanti a Yokohama in Giappone. Si può essere moderatamente ottimisti, conclude il portavoce governativo.
Alla campagna in stile militare per chiudere il virus a Wuhan e nello Hubei, Pechino aggiunge uno sforzo di rassicurazione e trasparenza verso il mondo. Il Centro per il controllo delle epidemie ha pubblicato uno studio per cui l’80% dei contagiati ha avuto sintomi lievi. Un’indagine su oltre 40 mila pazienti, campione rilevante. Problemi gravi, come la polmonite virale, sono stati individuati solo nel 14% dei casi, malattie critiche nel 5%. Il tasso di mortalità è 2,3% nello Hubei: tra i maschi il 2,8%,tra le donne l’1,7%. In tutta la Cina i decessi sono lo 0,4% dei casi. I bambini sembrano al riparo.
Il Covid-19 uccide percentualmente meno di Sars e Mers (le due malattie simili per origine che colpirono Cina e Medio Oriente). Ma si diffonde più delle altre due sindromi respiratorie causate da coronavirus. Le statistiche si possono leggere sempre in modi diversi: l’«influenza normale» uccide ogni anno lo 0,1% dei colpiti, che però sono decine di milioni nel mondo. Il Covid-19 percentualmente è circa 20 volte più mortale dell’influenza stagionale, almeno nello Hubei.
Questa è la statistica, che con i suoi decimali e le virgole non rivela l’impatto umano. E non ricorda quanto sia dura per milioni di cittadini di Hubei e Wuhan, messi in quarantena sempre più stretta in casa da un mese. Ad aspettare che il coronavirus scompaia dalla loro vita.
Pechino ha fretta di poter annunciare risultati positivi, perché l’impatto sociale è fortissimo: si calcola che 150 milioni di persone siano in quarantena più o meno stretta, confinate a casa; e 750 milioni di cinesi hanno problemi di movimento al di fuori delle loro comunità, per effetto del blocco di aeroporti e stazioni ferroviarie.
La ricerca di cure
Scienziati cinesi e del resto del mondo lavorano a vaccini e cure immediate. I medici giapponesi, che hanno 607 casi, inclusi i 542 della Diamond Princess, si preparano a provare farmaci antiretrovirali usati contro lo Hiv; tentativi simili a Wuhan.
Il professor Lu Hongzhou di Shanghai crede che una «terapia al plasma» possa dare buoni risultati: grosso modo si tratterebbe di fare sui malati trasfusioni di sangue donato da pazienti ristabiliti. Serviranno settimane per accertare l’efficacia di questi metodi sperimentali. E a quanto sembra è difficile trovare soggetti volontari. «Ogni scenario è ancora sul tavolo», dice da Ginevra Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’organizzazione mondiale della sanità.
Messaggi rassicuranti
Il dottor Mike Ryan, direttore delle emergenze per l’oms, osserva che nel resto del mondo al momento la situazione è sotto controllo. «A Wuhan e nello Hubei il Covid-19 sta attaccando 4 persone su 100.000, ma nel resto della Cina l’epidemia riguarda una proporzione molto ma molto limitata della popolazione». Conclusione del dottor Ryan: «Se pensassimo di bloccare ogni nave da crociera nel mondo, nel timore di trovarci a contatto con qualche potenziale agente patogeno, dove arriveremmo? Finiremmo per fermare tutti gli autobus del pianeta».
Incoraggiato dai dati positivi del governo e imbaldanzito dalla forza economica della Cina, il direttore del Global Times, quotidiano nazional comunista di Pechino scrive: «Vediamo luce in fondo al tunnel. L’epidemia ha avuto un grande impatto sull’economia, ma è un evento temporaneo. I consumi dei cinesi ripartiranno appena la guerra contro il virus sarà vinta, la competitività cinese riemergerà intatta. E coloro che hanno sparlato dell’economia cinese prenderanno uno schiaffo in piena faccia».