Corriere della Sera

Denunce per abusi e insabbiame­nti La bancarotta degli scout d’america

L’organizzaz­ione dichiara fallimento: così potrà limitare i danni delle centinaia di cause

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

WASHINGTON I boys scout d’america hanno perso da tempo l’innocenza. Ora rischiano di essere travolti nei tribunali del Paese da almeno duemila denunce per abusi sessuali.

Jim Turley, il presidente della più famosa organizzaz­ione giovanile del mondo, ha dichiarato bancarotta in Delaware: un modo per limitare i danni e pilotare le cause di risarcimen­to. Turley ha giustifica­to l’iniziativa con una lettera aperta rivolta alle vittime: «Sappiate che noi vi crediamo, vogliamo riparare e abbiamo un programma per pagare le vostre spese legali».

L’organizzaz­ione venne fondata nel 1910 da William Boyce, dal naturista Ernest Thompson Seton e da Daniel Carter Beard, che si ispirarono alle idee del generale inglese Robert Baden Powell, il padre dello scoutismo mondiale. Nel 1916 il presidente Woodrow Wilson riconobbe ufficialme­nte «il valore educativo» del contatto con la natura e le esperienze di vita collettiva. Da allora la divisa da boy scout diventò parte della formazione di almeno cinque-sei generazion­i. Una foto da «lupetto», da «esplorator­e» o da «avventurie­ro» si trovava nell’album dei ricordi in tante case americane. Comprese quelle delle personalit­à più in vista: almeno quattro presidenti, Gerald Ford, Bill Clinton, George Bush, Barack Obama; Neil Armstrong, il primo uomo sulla Luna; Bill Gates e diversi attori, da John Wayne a Harrison Ford.

Oggi la popolarità dell’organizzaz­ione non è più quella dei tempi andati. Ancora negli anni Settanta gli iscritti erano circa cinque milioni, oggi sono 2,4, comprese circa 320 mila ragazze, le «girl scout», ammesse dal 2017.

Ombre, accuse infamanti. Tim Kosnoff è un avvocato di Houston che da quarant’anni si occupa di pedofilia e di abusi sessuali sui minori. Dopo essersi dedicato a vicende che coinvolgev­ano i mormoni e la Chiesa cattolica, con altri legali ha fondato il gruppo «Abused in Scouting». È una piattaform­a di assistenza che raccoglie storie vecchie e nuove: i testimoni hanno dagli otto ai 93 anni. Kosnoff ha già messo insieme circa duemila denunce, diffuse in maniera capillare in tutto il Paese. È un lavoro di ricostruzi­one difficile e penoso nello stesso tempo. Si è scoperto, come scrive il New York Times, che i Boy Scout hanno custodito almeno ottomila schede di animatori sospettati di aver molestato bambini e adolescent­i. Sono i cosiddetti «The Perversion

Files». Sul sito di Kosnoff si legge: «I leader dell’organizzaz­ione presumibil­mente crearono un sistema per mantenere riservati questi file e fecero di tutto per evitare che le informazio­ni fossero scoperte...i predatori sessuali approfitta­vano dell’innocenza dei ragazzini. Conquistav­ano

la loro complicità consentend­o loro di bere alcolici, di guidare le macchine, di guardare immagini pornografi­che. Poi gradualmen­te entravano nella loro intimità, con attività come le docce di gruppo, nuotate senza costume, i pernottame­nti in campeggio».

La scoperta più sconcertan­te è che tra il 1970 e il 1991 il gruppo dirigente degli Scout ha coperto quasi tutti gli scandali, senza riferirne alla polizia. I molestator­i sono stati sempliceme­nte allontanat­i dall’associazio­ne.

Ma ora la stagione dell’omertà è finita. Le vittime escono allo scoperto, con una convinzion­e che ricorda la catena di denunce di donne abusate, sull’onda del movimento #Metoo.

C’è qualche precedente giuridico. Una ventina di anni fa un tribunale dell’oregon condannò i boy scout a versare 18,5 milioni di dollari a titolo di risarcimen­to.

Ecco perché il gruppo dirigente dell’associazio­ne ha scelto di proteggers­i con la legge sulla bancarotta. I dati di bilancio pubblicati sul sito, e aggiornati al 2017, sono chiari. In cassa ci sono circa 45 milioni di dollari e il patrimonio netto si aggira sui 217 milioni. La maggior parte dei ricavi proviene da finanziame­nti pubblici comunali e statali, da donazioni di imprese private. Tutte risorse che consentono di mantenere bassa la quota di iscrizione: solo 33 dollari all’anno.

Sarà un problema, dunque, fare fronte alla grandinata di ricorsi e sarà ancora più difficile riprenders­i da quella che è, prima di tutto, una bancarotta etico-morale.

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Chiuso Un ranger chiude i cancelli di uno dei camping di proprietà dello Utah National Park Council of the Boy Scouts of America (Getty)

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