Caso Consip, gli incontri e i messaggi «Nuove indagini su Lotti e Renzi senior»
Roma, il gip respinge l’archiviazione: «Valutazioni frettolose». Verdini accusato di concussione
Ci fu un incontro nel luglio 2015 tra Tiziano Renzi, padre dell’allora premier, e l’imprenditore Alfredo Romeo, di cui va «rivalutata la potenzialità criminale». E c’è un messaggio telefonico inviato dal faccendiere Carlo Russo, amico di Renzi sr, al deputato ex pd (oggi Italia viva) Francesco Bonifazi, che «rafforza il tema accusatorio sul coinvolgimento del Renzi Tiziano, con la congiunta necessità di verificare il ruolo stesso di Bonifazi». Così come non è stata «tenuta nel giusto conto» dai pubblici ministeri la segnalazione del nome di Luigi Marroni fatta «da Renzi Matteo, presidente del Consiglio, al ministro Padoan, quale soggetto che doveva essere nominato al ruolo di amministratore delegato in Consip».
È piena di rimproveri alla Procura di Roma l’ordinanza di 191 pagine con cui il giudice delle indagini preliminari Gaspare Sturzo ha respinto l’istanza di archiviazione sul conto di Tiziano Renzi, disponendo ulteriori accertamenti che potrebbero portare a un nuovo processo per il papà del fondatore di Italia viva. Renzi sr è nuovamente inquisito per traffico di influenze illecite, mentre per gli ex deputati forzisti Denis Verdini e Ignazio Abrignani il gip ha mosso l’accusa di turbativa d’asta e concussione ai danni di Marroni, per un presunto tentativo di pilotare alcuni appalti di competenza Consip.
Un anno e mezzo fa il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi avevano chiuso la loro inchiesta ritenendo di non aver raggiunto la prova del coinvolgimento di Tiziano Renzi nelle manovre del 2015-2016 sugli appalti della Centrale unica d’acquisto, nonostante le bugie che avevano reso la sua versione dei fatti «non credibile», «inattendibile», «non verosimile». E si erano decisi a trasformare l’accusa nei confronti di Russo in «millantato credito». Ma ora il gip ribalta quell’impostazione, e scrive che la Procura è giunta «troppo frettolosamente» a una conclusione secondo la quale «astutissimi e avvedutissimi imprenditori, consulenti, amministratori di stazioni appaltanti, alti burocrati, politici e loro parenti, sarebbero rimasti vittime» delle millanterie del giovane faccendiere, all’epoca poco più che trentenne.
Tuttavia Sturzo non si spinge a ordinare il processo imponendo ai pm di formulare la cosiddetta «imputazione coatta». Concede loro altri tre mesi di tempo per riconsiderare il materiale probatorio anche alla luce delle nemmeno troppo velate minacce che lo stesso Russo avrebbe fatto a Marroni, quando il faccendiere (raccomandatogli proprio da Tiziano Renzi) gli ricordò che era arrivato al vertice di Consip «per concessione» di Matteo Renzi. Solo che nella versione di Marroni, ritenuto attendibile dalla Procura, le pressioni di Russo non erano in favore dell’imprenditore
Romeo (il presunto corruttore da cui ha preso le mosse l’inchiesta) bensì di altre ditte concorrenti di Romeo, sponsorizzate da Verdini.
Per il gip Sturzo, invece, Marroni appare a volte confuso e a volte reticente, e comunque tutto si tiene: una pressione non esclude l’altra. E vanno rivalutati gli scambi di messaggi tra Russo e Tiziano Renzi dopo l’incontro del luglio 2015 con Romeo. «Speriamo che non mi pongano ostacoli», scrisse il padre dell’allora premier, che a settembre mandò Russo da Maroni. «Incontrato, verifica e mi dice. Se intanto tu riuscissi a fare/far fare un rinforzino sarebbe cosa buona», comunicò Russo a Renzi sr dopo la riunione con il responsabile di Consip.
Sono tutte frasi che secondo il gip dovrebbero portare a una diversa conclusione dell’indagine, già sfociata in un processo per favoreggiamento a carico, fra gli altri, dell’ex potente sottosegretario Luca Lotti e dell’ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, prima udienza fissata il 3 marzo. Per il politico il gip chiede che l’imputazione venga estesa al reato di violazione di segreto (già contestato a Del Sette), e suggerisce di riascoltare e riconsiderare un’intercettazione tra Romeo e l’ex deputato Italo Bocchino (divenuto consulente dell’imprenditore, anche lui di nuovo indagato) dove c’è «un non meglio comprensibile riferimento al Lotti».