Il pizzo per il boss, arrestato il fratello della vedova Schifani
Palermo, Giuseppe Costa legato al clan dell’arenella. E lei: «Se fosse vero la mia vita sarebbe finita»
Il suo nome era passato quasi inosservato, come quello di un gregario senza storia fra gli otto arrestati di ieri mattina nella borgata marinara dell’arenella. Perché era sconosciuto anche ai più attenti il ruolo di Giuseppe Costa, 52 anni, tre figli, muratore, indicato però dalla Dia come un esattore del pizzo al servizio dei fratelli Scotto e dei capimafia di questo inferno palermitano. Poi, a sera, il boato che scuote il pianeta dell’antimafia. Con la scoperta che si tratta del fratello di Rosaria Costa, la vedova dell’agente Vito Schifani dilaniato nella strage di Capaci, proprio la donna che ai funerali tuonò contro Cosa nostra invitando i boss a inginocchiarsi. E la prima deflagrazione esplode nel cuore di Rosaria, incredula nella sua casa in Liguria, dove ha ricostruito un altro pezzo della sua vita senza mai mollare l’impegno antimafia, andando spesso nelle scuole per parlare ai giovani, per rafforzare l’esercizio della memoria. «Sono a pezzi», si danna definendo il fratello «un cretino» e leggendo con sgomento le imputazioni dei magistrati, convinti che quel gregario abbia anche «organizzato e coordinato attività estorsive, nonché atti ritorsivi nei confronti di imprenditori e commercianti della zona».
Senza nemmeno ricordare quando ha visto l’ultima volta il fratello («Saranno passati due anni. Contatti rarissimi...»), Rosaria Costa ha un moto di ribellione: «Se le accuse saranno provate, dovranno buttare le chiavi della cella. La legge è uguale per tutti. Mi dissocio da tutti, da mio fratello e da questi mafiosi che avvelenano il mondo. Mi telefonano tanti adesso, dicendo che mi sono vicini. Ma non sono vicina io a quest’uomo che il destino mi ha assegnato come una croce, adesso sono pronta a ripudiarlo». Negli archivi di polizia e carabinieri in effetti c’è traccia di un pentito che raccontò una presa di distanza di Costa dalla sorella, quando ai funerali del ’92 lei divenne l’icona dell’antimafia con quel monito lanciato accanto al cardinale Pappalardo. E un padrino avrebbe apprezzato il comportamento del muratore rimasto a vivere in una malandata casa attigua al cimitero dei Rotoli. Dettagli ripresi adesso per un’inchiesta che si allarga al fallito attentato dell’addaura, il primo contro Falcone, e all’omicidio di un poliziotto ucciso con la moglie del 1989, Antonino Agostino. Storie antiche e recenti attività criminali in cui la figura di Costa resterebbe sullo sfondo. Ma questo non basta a placare l’ira di Rosaria: «Un fratello mafioso? La domanda mi fa morire. Se fosse vero la mia vita sarebbe finita. Avrebbe rovesciato palate di fango su me, moglie di un poliziotto...».