Corriere della Sera

Dissesto Fnac, tre condanne per bancarotta

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

MILANO Tre condanne per bancarotta, 4 rinvii a giudizio e 3 assolti per il dissesto da 36 milioni di Fnac Italia, nel 2000-2012 catena di negozi di libri e musica della casa madre francese Fnac Sa (ex Ppr, oggi Kering). Per la pm Donata Costa i francesi, per disfarsi della fonte di perdite, la diedero a 1 euro alla lussemburg­hese FI Holding Lux Sa, poi ceduta — con dote di 25 milioni per far fronte ai debiti — agli italiani del fondo di investimen­to Orlando. I quali così, invece di dover usare la dote per il 100% dei creditori di Fnac Italia, poterono proporre un concordato che pagava il 20% di crediti chirografa­ri. Il gup Guido Salvini condanna a 3 anni Christophe Deshayes e Charles Claret de Fleurieu (ex presidenti Fnac Italia), e l’ex cda Mattieu Malige, ora direttore finanziari­o di Carrefour; assolve «per non aver commesso il fatto» il presidente della Fnac francese, Alexandre Joubert Bompard (oggi n.1 Carrefour) e Eric Joselzon; rinvia a giudizio gli italiani del fondo Orlando, Andrea Nappa, Paolo Scarlatti e Enrico Ceccato. E per «non aver commesso il fatto» prosciogli­e due avvocati difesi da Nerio Diodà e Tomaso Cortesi: uno dei consulenti dei francesi, Guido Filippo Giovannard­i (allora studio Bonelliere­de-pappalardo, ora capo affari legali di Rcs), e degli italiani, Riccardo Papetti (studio Nctm). Il «modesto livello nello studio esclude» nel primo «poteri decisional­i autonomi» o «conoscenza di quanto stava a monte», e «sarebbe contraddit­torio attribuirg­li responsabi­lità e nel contempo ritenerne esente» in studio «il vertice o quantomeno il capo del suo team». Idem Papetti: la «due diligence» è «inidonea ad attribuirg­li consapevol­ezza di quanto avvenuto in precedenza» nel «meccanismo che portò alla falcidia delle pretese dei creditori».

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