Corriere della Sera

«Io, filosofo digitale vi insegno grazie a mia moglie a vivere l’infosfera»

Floridi, docente a Oxford: arrivai per la tesi

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T eatro pieno, pubblico pagante, fila fuori. Non capita spesso, per ascoltare un filosofo. Però Luciano Floridi, italiano con cattedra a Oxford, incarichi in organismi internazio­nali dall’ue all’unesco, consulente di colossi come Google e Microsoft, è stato il primo a occuparsi di Etica del digitale ed è anche uno straordina­rio divulgator­e e generatore di neologismi virali, come infosfera, quarta rivoluzion­e, iperstoria, e onlife, per intendere né online né offline ma sempre connessi. Il suo ciclo di lezioni «Pensare l’infosfera», che è anche il titolo del suo ultimo libro per Raffaello Cortina Editore, sta facendo il sold out al teatro Franco Parenti di Milano (ultimo appuntamen­to lunedì 24, alle 19).

Lui dice che non se l’aspettava, «data la natura difficile del titolo e del relatore». E un po’ è il riconoscim­ento tardivo del Paese che l’ha lasciato andar via, trent’anni fa, cervello in fuga partito, ammette, «non tanto volentieri».

Lei come arriva a Oxford?

«Vincendo un concorso per la tesi di laurea all’estero. Era un trafiletto sul giornale, trovato da mia nonna. Un giorno mi fa “hai letto questa cosina? Tu che vai bene a scuola dovresti provarci”. Ricordo il mio scetticism­o da ventenne romano negli anni ’80. Pensai: figuriamoc­i se vinco proprio io. Invece vinsi e scrissi la tesi fra le università di Oxford e di Warwick».

Ha desiderato subito fermarsi lì?

«Tutt’altro. La tentazione di tornare in Italia c’era sempre, ma cercavo risposte a tante domande che mi hanno spinto ad andare altrove, finché non ho trovato un ambiente in cui potevo lavorare e trovarle. Ho fatto tanti anni di pendolaris­mo, però in Italia non ho mai vinto un concorso per dodici anni. Era tutto un perdi il concorso in Italia, fai il master in Inghilterr­a; perdi il

Il dilemma della moralità nel rapporto tra uomo e 1 macchina nasce dalla diffusione dell’intelligen­za artificial­e, tecnologia capace di elaborare soluzioni autonome imparando in modo incrementa­le dalle proprie azioni

Etica digitale e impatti sull’uomo Obiettivo dell’etica digitale è facilitare lo 2 sviluppo di tecnologie socialment­e «accettabil­i», non solo hardware e software, ma dati, Intelligen­za artificial­e, programmi e programmat­ori, valutandon­e l’impatto sulla vita dell’uomo Le soglie da rispettare

Floridi ha proposto un «metodo di astrazione» 3 dove la moralità di un agente artificial­e è misurabile in relazione a una «soglia» con tre linee guida: interattiv­ità, autonomia e adattabili­tà. Se le azioni rispettano la soglia è moralmente buono dottorato in Italia, lo fai in Inghilterr­a; non trovi il posto di ricercator­e qui, lo trovi lì... Ping pong, ping pong. Poi, a forza di insistere, ho vinto un concorso a Bari, da associato di Logica. Sono stato lì per quattro anni, ma ho capito che era troppo tardi per rientrare e diventare ordinario, e sono tornato in Inghilterr­a».

Quanto studiava da ragazzo?

«Andavo a dormire col libro in mano, mi svegliavo col libro in mano. Ho fatto un anno di panini al formaggio, tutti i giorni, senza fine. Ho preso lo scorbuto: malnutrizi­one e mancanza di vitamine, non lo raccomando a nessuno».

L’intuizione del digitale?

«Fine anni ’80. Arriva Internet, che è ancora solo per militari e accademici, ma io ricordo l’effetto che mi fece: uno schiaffo in pieno volto, inatteso, mi avrebbe fatto meno impression­e».

Dov’era in quel momento?

«A casa dei miei, a Roma. Aprii un file che era a Warwick. Da quel momento, ripetevo: è una rivoluzion­e. Le pernacchie che ricevevo... Sono quasi finito disoccupat­o, mi ero perso in studi che non importavan­o a nessuno. I primi

Luciano Floridi, 55 anni, insegna filosofia e etica dell’informazio­ne erano sulla disinforma­zione online: le fake news. Era l’89-’90 e non c’era il web».

Quando capisce che era filone giusto? il

«Invitato dall’unesco a Parigi, nel ‘95. Ho fatto un discorso su Internet ai rappresent­ati di 196 Paesi. Avevo 30 anni, ero l’unico filosofo a occuparmi di digitale».

Quando parla in teatro che cosa inchioda di più l’attenzione?

«Il passaggio del capire l’oggi per disegnare il domani, nel senso di design di società, legislazio­ne, economia, cultura, ricerca, ruolo internazio­nale dell’italia».

L’infosfera è la nuova biosfera?

«Lo “spazio”, nel senso di dove faccio la spesa, dove incontro gli amici, dove litigo, non è più solo analogico, ma è fatto anche di informazio­ni. Viviamo un continuum, da Facebook alla piazza delle sardine. E questo non è comunicazi­one, è un ambiente in cui viviamo».

Perché teorizza una «quarta rivoluzion­e»?

«La prima, con Copernico, ci ha tolto centralità nell’universo, la seconda con Darwin

Chi è

● Luciano Floridi, romano, è professore di Filosofia ed Etica dell’informazio­ne a Oxford, dove dirige il Digital Ethics Lab, ed è chairman del Data Ethics Group dell’alan Turing Institute, l’istituto britannico per la data science

● Floridi ha rilanciato il termine «infosfera», dimensione nella quale reale e virtuale sono categorie che si mescolano in maniera inscindibi­le, ed è stato un pioniere nel campo dell’etica del digitale ce l’ha tolta nella biologia, la terza con Freud ha tolto centralità alla mente. Ora, col digitale, interagiam­o con oggetti che fanno cose al posto nostro e sfidano il nostro senso di unicità. Il computer gioca a scacchi meglio di noi e ci chiediamo: allora, io chi sono? Ma questa perdita di centralità è un impoverime­nto che è un arricchime­nto, perché ci costringe a mettere al centro le relazioni con l’altro. Non è saper giocare a scacchi che ci rende eccezional­i, è magari il desiderio di giocarci, il fatto che vorremmo vincere o che gioco peggio perché gioco con mia nipote e voglio che vinca lei».

Nei ringraziam­enti di un suo libro, scrive che deve a sua moglie Anna Christina De Ozorio Nobre «non solo una

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